Un
gioco che ho fatto molto negli anni passati, era proporre alle classi
dalle elementari, dopo un breve percorso di decodifica del
messaggio pubblicitario, di inventare
dei prodotti e di ideare il relativo spot televisivo, che
poi, alla buona ma con divertimento, si andava a realizzare.
Rispetto
ai consueti lavori scolastici sulla pubblicità, per lo più centrati
sull'analisi del testo e dei messaggi, c'erano meno suggestioni adulte e più
libertà, per i bambini, di attingere alla propria immensa cultura
latente di telespettatori, per rielaborarla, farne immagini,
storie, espressione originale.
In questo modo, non solo l'educatore verifica se i bambini hanno imparato, ma
può a sua volta imparare molte cose dai
bambini, dalla loro capacità di sintesi e dal punto di vista
naturalmente “divergente” che, quando si sentono liberi di
giocare e non solo in dovere di compiacere l'adulto, essi sanno
esprimere a volte con rara efficacia.
“Prigion
Baby” fu realizzato nel 1995 a Soresina (CR) ed è bello: situazione chiara, tempi e ritmi rapidi e precisi,
descrizione del prodotto sintetica, completa, puntuale. E quella
capacità “magica” che hanno tra di loro i
bambini di organizzarsi, che la
scuola del sapere che si trasmette e si inculca,
statisticamente, sollecita poco e di rado. Una dimostrazione nei
fatti della possibilità concreta di una scuola del fare in
cui tutti, adulti e ragazzi, siano ugualmente protagonisti,
a livelli culturalmente e produttivamente elevati.
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