Continuo
la riflessione
collettiva a cui ho invitato qualche giorno fa (i cui temi in
realtà sto trattando ripetutamente, in questo blog come in altri
spazi web, così come nel mio libro
americano, di cui sempre qui sto pubblicando una sintesi).
L’intento è arrivare a una visione sempre più puntuale e
incisiva, non solo di descrizione, ma di
azione sulla realtà, convinto che, nell’era
dell’informazione diffusa e globalizzata, di sole descrizioni si
muore, soprattutto
quando si avvitano all’infinito su luoghi comuni, o su
argomentazioni di cortissimo respiro, nel tempo, nello spazio,
nell’orizzonte culturale.
Leggo
in questi giorni, per esempio, che il gelo e la neve al sud
Italia sarebbero una buona notizia rispetto al riscaldamento
globale terrestre; oppure che l’episodio di un
vicesindaco che butta nel cassonetto le coperte di un senza
tetto ci mostrano il tipo di “futuro” inumano verso cui
stiamo (inevitabilmente) andando. Prego? Basta un po’ di inverno
per azzerare cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo da
decenni? E le idee politiche che raccolgono consensi in questi mesi,
perché altre nei mesi scorsi hanno fallito, non potrebbero a loro
volta fallire nel giro di pochi mesi e perdere consenso?
Pyrgos (Grecia), lab in scuola primaria, 4 dicembre 2018 |
Orfani
ormai da decenni di una visione complessiva in cui inquadrare
i fenomeni a cui assistiamo (anche i marxisti, quelli che una volta
erano “scientifici”, e poi si domandano perché si stanno
estinguendo!), malati irrimediabilmente di presentismo,
ormai da ogni singolo episodio ognuno di noi si sente a autorizzato a
delineare prospettive generali, che nemmeno gli vengono più
confutate, perché tanto ormai nessuno entra nel merito delle
discussioni. Se si è schierati con una parte, quella ha
sempre ragione a prescindere, e se non si è schierati, sono comunque
gli altri che ti schierano: non hai detto cose giuste o
sbagliate, ma sei un grillino, un leghista, uno del PD, un tecno
maniaco, un tecnofobo!
E se
invece di parlare in coro di “cultura
digitale” - facendo finta che significhi davvero qualcosa e
che su quel qualcosa siamo tutti d’accordo - riprovassimo a
dialogare un po’ di più per esempio utilizzando le lingue degli
umani, che hanno parole, sintassi, sistemi operativi collaudati e
aggiornati nel corso dei millenni, in grado di costruire e produrre
pensiero, conoscenza, cultura?
Propongo
quindi due “titoli”, poco più che
affermazioni, basate però sui fatti e sull’esperienza, a
sollecitare un punto di vista sulla realtà che al titolo e
all’affermazione non si fermi - che orrore, che assurdità, che
effetti nefasti sul mondo, la politica a colpi di tweet! - ma che da
una certa perentorietà e forza dei titoli tragga l’energia per una
discussione emotivamente forte, oltre che culturalmente seria. Se
qualcuno vuole contestarmi o correggermi, è benvenuto, a
patto che pure si basi sui fatti e sull’esperienza. Cercheremo di
contestualizzare i rispettivi punti di vista e di capire, andare
oltre insieme.
1. I
grossi problemi sociali del tempo odierno non sono dovuti allo
sviluppo della tecnologia, ma alla costrizione di
questo stesso sviluppo all’interno dei modelli culturali,
produttivi, di consumo e finanziari precedenti, obsoleti e anacronistici (una volta si diceva: contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione). Al
mercato
conviene confermare presso la massa dei consumatoti un modello di
“futuro” stile i cartoni animati dei Pronipoti
(anni Sessanta del secolo scorso), che nell’immediato fa vendere
molte più merci (permane la preminenza dell’hardware sul software,
con una netta
distinzione tra produttori e consumatori,
come negli anni Sessanta), mentre,
in un mondo che ci
raccontiamo in tumultuoso
cambiamento, l’umanità
digitale innalza muri
contro l’invasione delle
popolazioni straniere, come
al tempo del Vallo di Adriano o della Muraglia Cinese!
Non
è detto poi che tra la mancata educazione all’uso dei mezzi
che hanno invaso la nostra
vita e le ondate di
terrorismo, guerre, odio razziale e fascismo che stanno percorrendo
il mondo ci sia una correlazione diretta, ma certo
riempire la vita di uomini e donne di strumenti
potentissimi (che
nessuno però
aiuta a capire) e allo
stesso tempo farli sentire
sempre più impotenti
rispetto al proprio lavoro, futuro, sicurezza, non
migliora
l’equilibro personale dei singoli, né la partecipazione serena e
responsabile dei cittadini alla vita pubblica.
2. Tra
le giovani generazioni di oggi e quelle dei decenni passati, non ci
sono sostanziali differenze. Cioè, messi in situazioni simili, i
bambini e i ragazzi reagiscono più o meno allo stesso modo. Lo
affermo con sicurezza dopo 40 anni di esperienza e ho documenti audio
e video che ampiamente lo confermano. Se per esempio gli si propone
di giocare con i burattini,
le reazioni sono le stesse, così come lo stesso effetto fa il gioco
della “TV specchio”, per non parlare della maturità, competenza
e proprietà di osservazione e di pensiero che dimostrano, sempre,
secondo modalità molto simili, ogni volta che li chiama in causa
come attori attivi e consapevoli, che di tratti di fare teatro,
inventare storie, osservare
gli insetti, usare ogni sorta di tecnologia all’interno di
un progetto: niente bullismo, crisi d’attenzione, anzi! Non
pretendo di avere io in tasca la verità, contro tutto il mondo che
dice il contrario, ma semplicemente faccio presente che i bambini e i
ragazzi che conosco nelle mie attività non corrispondono affatto a
certe descrizioni che oggi vanno per la maggiore, di “nativi
digitali” e via dicendo. Ma probabilmente sono io che vivo
in un universo parallelo!
Sono in grandissima parte d'accordo con quello che dici e, come succedeva ai miei tempi, i miei nipoti giocano poco con gli oggetti regalati e molto con carta, cartone, pennarelli, legnetti, lente per guardare le formiche, giocano tranquillamente con bambini di altro colore (particolare che non gli interessa), fanno commenti assolutamente intelligenti, eccetera. Il che mi dimostra che molte innovazioni che noi demonizziamo sono demoniache soltanto per l'uso che se ne fa o che ci impongono, altrimenti sono strumenti. A differenza di Mcluhan io penso che il medium è il messaggio solo in una civiltà come la nostra. Basterebbe cambiare modello, cosa facile a dirsi e difficilissima a farsi. Qui dovrebbe entrare in campo la politica che dialoga con la filosofia. Siamo messi maluccio.
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