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mercoledì 5 agosto 2015

Felini digitali



C'è un gattino ospite in casa, in questi giorni, che quando non cerca di arrampicarsi con le unghie sulle mie gambe, come ha fatto stamattina (e gli ho anche urlato dietro, ma mi ha fatto male!) è per molti versi simpaticissimo.
Dato che non sta fermo un momento ed è curioso di ogni cosa, ovviamente di più di quelle che si muovono, ho provato a proporgli uno di quei videogiochi che una nota casa di alimenti per animali he ideato per le nuove generazioni di felini che, cresciuti in familiarità con gli schermi, pare abbiano naturalmente sviluppato nuove competenze digitali.
L'altro gatto che bazzica abitualmente in casa, che non ha mai usato la sabbiolina e fa i suoi bisogni rigorosamente all'aperto, ma in compenso ama bere dal rubinetto, non è in effetti molto per i videogiochi. Probabilmente è un fatto generazionale. Se pensiamo che un anno di un gatto ne vale tanti dei nostri, praticamente lui è un felino del secolo scorso, quando i tablet non c'erano ancora.

Il gattino dunque, che per la cronaca si chiama Alpha (nome impegnativo, emblematico!) si interessa ai pesci del videogioco e toccandoli con la zampina scopre che li può mandare a fondo, con accompagnamento sonoro di bolle e sciacquio.
Ma c’è qualcosa che non lo convince e allora incomincia a rovistare ai bordi del tablet, cerca di sollevare la schermo, vuole vedere se i pesci sono nascosti lì sotto
Sveglio, il gattino!

lunedì 25 agosto 2014

Scenari di scuola digitale: il pc divergente e il tablet convergente?

Prima di tornare nell’agone educativo, pedagogico e mediatico del nuovo anno scolastico (che si svolge a cavallo dei due anni solari, se qualcuno avesse informato la ministra Fornero!), sto ripassando un po’ di teoria.
Viviamo nel paradosso che, dopo decenni di studi di ad altissimo livello sull’età evolutiva, l’apprendimento, la conoscenza, comprovati da innumerevoli esperienze, quando si fa una “riforma della scuola”, non solo in Italia, (sono curioso comunque di vedere adesso, sperando di aver capito male certe “scoperte” ministeriali delle scorse settimane, che cosa si inventerà il governo Renzi!), i politici di turno regolarmente sembrano applicare per lo più criteri che si rifanno a un trito e tradizionale senso comune (come quel noto “costituzionalista” che si preoccupava di ciò che gli insegnanti comunisti inculcano nei nostri poveri bambini!). Al punto che il libro collettivo a cui ho partecipato l’altr’anno in America con “La Scuola che Funziona”, a sottolineare la marginalità delle posizioni scientificamente informate in campo educativo, faceva parte di un progetto chiamato “Gocce nel mare”!
Leggere, documentarsi dunque, ripensare, se possibile…

In un ebook dal titolo evocativo, A scuola con il Tetris, di Edyta Slomka , trovo una sintesi semplice ma efficace del perché il personal computer potrebbe rappresentare una novità rivoluzionaria nel panorama educativo. Non si parte una volta tanto dalla confusione oggi imperante tra tecnologia e mercato, ma più seriamente dai modi in cui l’essere umano impara le cose. In pratica, nella tradizionale dicotomia tra l’apprendimento senso motorio (proprio del bambino piccolo, ma tipico per es. anche della bottega artigiana, che si svolge nella vita reale, immediato, permanente, ma limitato all’esperienza personale diretta) e l’apprendimento simbolico ricostruttivo (come a scuola, o attraverso la lettura e i media, potenzialmente vastissimo, ma difficile da memorizzare e ordinare, perché si svolge principalmente nella mente), il personal computer, con le sue capacità di simulazione e risposta interattiva, stabilisce un possibile collegamento.  Le due forme di apprendimento cioè, attraverso un uso attivo e consapevole della macchine digitali di oggi (nelle loro varie manifestazioni, inclusi i videogiochi) possono realizzarsi insieme, spalancando orizzonti prima impensabili alla conoscenza, alla sua condivisione, alla riflessione collettiva su come si conosce.
Osserva l’autrice: «Con il computer si apre per la prima volta la strada per poter integrare la percezione e l’azione».  «Il computer diviene una potente macchina metacognitiva che consente al bambino di riflettere e conoscere i suoi processi mentali e le strategie più adeguate a ciascuno».
Cosa non da poco, in un momento storico e culturale in cui, in presenza di un sapere che si rinnova a una velocità vorticosa, “imparare a imparare” diventa una condizione essenziale di alfabetizzazione, nella società dell’informazione e della conoscenza.

Certo, macchine che in modo così esplicito propongono il passaggio da un sistema educativo basato tuttora principalmente sulla trasmissione di contenuti a un altro che fa perno sulla metacognizione, mettono anche paura. E forse varrebbe la pena di domandarsi come mai nella scuola, dopo decenni in cui i personal computer sono stati ammessi con grande fatica, per lo più segregati in luoghi in cui non potessero fare danni, come le aule informatiche, a un certo punto, anche tra molti refrattari tecnologici, siano sorti tanti cori entusiasti all’apparire di LIM e tablet, a cantare unanimi l’indispensabile “digitalizzazione”. Forse perché finalmente molti vi riconoscevano, rivisitati ed elettronici ma comunque ancora presenti e rassicuranti, il libro e la lavagna?

Come a dire che allora in fondo, si tratta soltanto di imparare un nuovo modo e aggiornato di fare lezione!


photo credit: <a href="https://www.flickr.com/photos/neilvagechen/1047124112/">ne!l chen</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/">cc</a>

mercoledì 10 ottobre 2012

Caro Ministro, ma davvero pensi alla scuola possa servire un “tablet” in ogni classe?

Rileggo la notizia: «Il Ministero quest’anno darà un tablet ad ogni classe per la gestione del registro elettronico, della comunicazione. Partiamo con scuole medie e superiori, l’obiettivo è creare una filiera complessiva” perché il tablet“ è lo strumento del futuro, l’equivalente di ciò che nel passato è stato il libro».
Prego? La comunicazione di che, a chi? E come funzionerà la cosa? I ragazzi – 30 per classe! - si passeranno uno per uno la magica tavoletta per toccarla e ricevere la “comunicazione”? E che cosa c'entra il registro elettronico con il libro? E la “filiera”? Siamo all'ortofrutta 2.0?

Sembra che stiamo assistendo al solito pasticcio molto italiano in cui con la paroletta magica si vuole dare l'impressione di dare una risposta “aggiornata” ai problemi della scuola, e nessuno sa davvero di che cosa si sta parlando.
Ricordate le precedenti “rivoluzioni”? Gli audiovisivi, e poi le aule informatiche, e appena ieri le LIM? Adesso i tablet! Ovvero, come riempire la scuola di tecnologia in modo totalmente approssimativo, ideologico e inutile!
Non sto qui a parlare degli edifici fatiscenti, degli insegnanti precari e frustrati, dei ragazzi demotivati, dei dirigenti “manager” che non riescono ad avere indietro dallo stato milioni di euro “anticipati” negli anni dalle scuole. Questi sono problemi grossi, e certo non si risolvono con un tablet (che in inglese, per chi lo conosce, vuol dire pastiglia, medicina!)
Parliamo invece di bambini e ragazzi che – dall'infanzia alle superiori, io l'ho verificato costantemente (sarò l'unico?), da decenni - quando riesci a coinvolgerli e a farli giocare, pensare e immaginare con le parole, i numeri, le scienze, l'arte grafica, il teatro, la musica, il disegno, la tecnologia quale che sia, sempre (ripeto la domanda: sono l'unico ad averlo visto?) rispondono con partecipazione, voglia di fare, spesso vero e proprio entusiasmo. Perché il loro problema principale – banalissimo, lo ripetono da sempre gli psicologi ma la scuola come istituzione non ne tiene conto - è di potersi esprimere ed essere ascoltati. Persone che non vivono la scuola come un ambiente estraneo, renderanno poi meglio anche nell'apprendimento e useranno con proprietà la tecnologia che serve (che non necessariamente deve essere quella più di moda!?

Caro signor Ministro, il tablet sarà il “libro” del futuro. Ma la differenza con il passato è che non da oggi, ma da qualche decennio ormai, i libri, come i film, la televisione, la fotografia, i giornali e in definitiva tutto quel mondo di comunicazione in cui i ragazzi di oggi nascono, non solo chiunque lo può consumare, ma anche direttamente fare. A questo servirebbero i computer, e sembra che da 30 anni la preoccupazione più grande, diciamo del “sistema”, è di non farcelo capire! Con i computer ognuno di noi può assemblare in modo “professionale” quei contenuti che poi con aggeggi più agili come i tablet, i telefonini o altro, possono ancora più facilmente essere diffusi e condivisi. Quello che conta ed è significativo però non è l'aggeggio, ma i contenuti; non la possibilità non solo di accesso, ma di produzione!
Credo fermamente che uno dei problemi grandi delle nuove generazioni oggi – ancora prima che si ritrovino senza un lavoro e senza speranza nel futuro – sia da bambini intuire la possibilità grande di essere anche loro, fin da piccoli, usando mezzi digitali intuitivi e facilissimi, protagonisti possibili della società dell'informazione, e poi ritrovarsi in una scuola e in una società che sistematicamente deprimono le loro intuizioni e il loro entusiasmo e li addestrano unicamente al ruolo di beoti e passivi consumatori, condannati a non poter scegliere.
Senza esagerare con le generalizzazioni, il percorso dei nostri figli, dai 5 ai 18 anni, va spesso dall'entusiasmo alla noia. Con conseguenti ricadute sociali a volte pesantissime, dal bullismo alla droga.
E il ministro alle classi regala un tablet, perché è il libro del futuro!