Dall'esperienza
della bizzarra
settimana che si è appena conclusa a Brescia e che,
benché costretta all'ultimo momento orfana
e raminga, non è affatto andata male, si potrebbero trarre
diverse indicazioni. Riassumo qui le prime che mi mi vengono in
mente, in sintesi estrema.
Intanto,
oggi può essere difficile, ma non impossibile, organizzare un
incontro internazionale anche senza risorse, quando ci
siano persone e progetti che intendono davvero incontrarsi.
I
ragazzi, anche in età “difficile” come la preadolescenza,
facilmente si interessano e partecipano, quando sono invitati
da adulti che fanno appello alla loro curiosità
e intelligenza.
C'è
assolutamente bisogno a livello sociale (e fa stare
immediatamente stare bene le persone), di situazioni in cui la
costruzione di esperienze prevalga sulle necessità “di
mercato” di vendere sempre e comunque qualcosa.
Ma
soprattutto è vero che, nel momento in cui si tratta di fare e
“insegnare”, i bambini mettono in atto quelle modalità di
comportamento “naturalmente cooperative” che erano il tema
centrale su cui avevamo progettato la nostra settimana.
Così,
anche se inizialmente un po' diffidenti, i ragazzi che stanno
per andare in seconda media, di buon grado si sono lasciati
“spiegare” dai bambini più piccoli di loro come si fanno i
cartoni animati. Oltre anche le difficoltà linguistiche, dato che i
piccoli maestri non parlavano l'italiano.
Poi
succede che, mentre siamo lì che aspettiamo la riprese pomeridiana
del laboratorio presso il GREST di Bovezzo, passano alcune bambine
che mi riconoscono: “Paolo, Paolo! Sei quello che ci ha
portato a conoscere
gli insetti!”
Piccola
soddisfazione, dopo quasi un anno e mezzo da una piccola esperienza.
E poi mi chiedono “Che lingua parla quella bambina?” “Parla il
serbo, e un po' anche l'inglese!” “Allora le insegniamo
l'italiano!”.
E
vanno, due bambine bionde bionde e due bambini nere nere
(bella immagine del paese multietnico che siamo!), che hanno appena
finito la seconda, ad insegnare la loro lingua a quella bambina più
grande di loro. Senza preliminari le si fanno intorno, indicano e
nominano, e lei ripete: “Naso, bocca, orecchie, occhi, fronte,
mento, sopracciglia!”
Quando
occorre citare la normalità come fosse eccezionale, perché
di questi atteggiamenti spontanei dei bambini tradizionalmente la
scuola non tiene conto e anche perché nella nostra saccente
società, quando si parla di bambini, si parla sempre d'altro.
Paolo, spero che l'evento sia riuscito bene. Da quel che leggo qui, dovresti essere sufficientemente soddisfatto. Ciao
RispondiEliminaEsatto Marco. Considerato l'insieme dei problemi che ci sono stati, l'evento è andato bene, e soprattutto si sono aperte prospettive molto interessanti per il futuro, a livello locale come internazionale. E adesso dipende essenzialmente da noi!
RispondiEliminabellissimo....da quello che ho letto man mano e leggo, si capisce che è stata una bella e proficua esperienza ...un caro saluto
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