venerdì 29 giugno 2012

Cosa è un computer? What a computer is?


«First we took the pictures and then we put it on a computer. With it we have made some faces strange, we made them morphed on the computer, the faces were normal before, and now they’re different, and we have become real pirates. It became the strange faces that make you laugh, and mothers will come and see them.» (translation from the voices of the children, 5 years old, Milan, May 2012.

Negli primi anni 80 il computer era una macchina che bisognava imparare a programmare, verso un “futuro” di BASIC e dos.
Alla fine degli anni 90 il computer era una macchina per collegarsi a Internet.
Adesso il computer è un oggetto in via di estinzione, perché il “futuro” è negli smartphone e nei tablet.

Una cosa che, da educatore, mi dà particolarmente fastidio, è quando l'arroganza ignorante del senso comune non solo spande e diffonde sciocchezze a non finire, ma le attribuisce per esempio anche ai bambini. Non ai bambini che si conoscono davvero, ovviamente, che magari pongono domande e vorrebbero risposte, ma a quelli che si “suppongono” e di cui si può dire ciò che si vuole. Così succede che, per postulati e sillogismi (il pensiero genuino del terzo millennio!), osservando da lontano i pargoli che a due anni già giocano con gli aggeggi tecnologici, si “deduce” una generazione di “nativi digitali”, per la cui educazione prontamente il mercato produce LIM e tablet che “pensano come loro” (affermazione udita con le mie orecchie in un convegno!)

Il bambino in realtà, non solo gioca con naturalezza anche con tutte le altre cose della sua vita (e magari trova molto più interessanti gli esseri viventi degli “schermi”, se gli si concede l'occasione di incontrarli!), ma ostinatamente tenta, finché ci riesce, di vivere basandosi sull'esperienza.
Così, per esempio, questi bambini di cinque anni che a scuola giocavano ai pirati parlano con proprietà del computer come di una macchina che è servita a “trasformare” le fotografie, a cambiare la facce:

«Prima abbiamo fatto le foto e poi le abbiamo messe nel computer e col computer abbiamo fatto delle facce strane».
«Le abbiamo fatte trasformare nel computer».
«Prima erano normali le facce, adesso erano diversi e sono diventati dei pirati veri».
«E sono diventate le facce strane che fanno ridere e le mamme verranno a vederle».

Dato che con un computer si possono fare tantissimi altre cose, e quasi nessuno le sa, questo potrebbe essere un buon metodo: usarla questa macchina e, usandola, capire a che cosa serve.

Ho inserito il computer tra le diverse “aree di esperienza” (e il computer per fare, per i bambini non è assolutamente la stessa esperienza dei videogiochi, né di internet) in cui mi aspetto di mettere insieme in un libro multimediale on line tante testimonianze di bambini: disegni, voci, testi, foto, video. Perché è così che si arricchisce il quadro, a poco a poco, insieme, e si incomincia a capire...

domenica 24 giugno 2012

Bambini maestri di bambini


Dall'esperienza della bizzarra settimana che si è appena conclusa a Brescia e che, benché costretta all'ultimo momento orfana e raminga, non è affatto andata male, si potrebbero trarre diverse indicazioni. Riassumo qui le prime che mi mi vengono in mente, in sintesi estrema.
Intanto, oggi può essere difficile, ma non impossibile, organizzare un incontro internazionale anche senza risorse, quando ci siano persone e progetti che intendono davvero incontrarsi.
I ragazzi, anche in età “difficile” come la preadolescenza, facilmente si interessano e partecipano, quando sono invitati da adulti che fanno appello alla loro curiosità e intelligenza.
C'è assolutamente bisogno a livello sociale (e fa stare immediatamente stare bene le persone), di situazioni in cui la costruzione di esperienze prevalga sulle necessità “di mercato” di vendere sempre e comunque qualcosa.

Ma soprattutto è vero che, nel momento in cui si tratta di fare e “insegnare”, i bambini mettono in atto quelle modalità di comportamento “naturalmente cooperative” che erano il tema centrale su cui avevamo progettato la nostra settimana.
Così, anche se inizialmente un po' diffidenti, i ragazzi che stanno per andare in seconda media, di buon grado si sono lasciati “spiegare” dai bambini più piccoli di loro come si fanno i cartoni animati. Oltre anche le difficoltà linguistiche, dato che i piccoli maestri non parlavano l'italiano.
Poi succede che, mentre siamo lì che aspettiamo la riprese pomeridiana del laboratorio presso il GREST di Bovezzo, passano alcune bambine che mi riconoscono: “Paolo, Paolo! Sei quello che ci ha portato a conoscere gli insetti!
Piccola soddisfazione, dopo quasi un anno e mezzo da una piccola esperienza. E poi mi chiedono “Che lingua parla quella bambina?” “Parla il serbo, e un po' anche l'inglese!” “Allora le insegniamo l'italiano!”.
E vanno, due bambine bionde bionde e due bambini nere nere (bella immagine del paese multietnico che siamo!), che hanno appena finito la seconda, ad insegnare la loro lingua a quella bambina più grande di loro. Senza preliminari le si fanno intorno, indicano e nominano, e lei ripete: “Naso, bocca, orecchie, occhi, fronte, mento, sopracciglia!”
Quando occorre citare la normalità come fosse eccezionale, perché di questi atteggiamenti spontanei dei bambini tradizionalmente la scuola non tiene conto e anche perché nella nostra saccente società, quando si parla di bambini, si parla sempre d'altro.

martedì 19 giugno 2012

E i bambini scoprono una mosca rosa!


L'anno scorso, sul web aveva fatto scalpore le cavallette rosa scoperte da bambini in Inghilterra. E scienziati avevano disquisito di bizzarre mutazioni, anomalie genetiche.
Anche ai nostri bambini è successo, poco più di un mese fa, durante le esplorazioni nel cortile della scuola, di incontrare una mosca rosa. E' capitato alla quarta elementare della scuola Tiboni di Brescia. Mi hanno chiamato e, nel ritrarla così immobile com'era sul tronco di un albero, sembrava quasi uno di quegli insetti morti che rimangono appiccicati ai rami o alla foglie, lentamente assumendo colori bizzarri e irreali, dovuti al sole, alle intemperie, a eventuali microorganismi che li aggrediscono... Macché! A un certo punto quella si è stancata di stare in posa ed è volata via!
Poi magari non è una mosca mutante, anche se vista ingrandita, proiettata gigante fa abbastanza impressione. Ma forse lei è normale e ha sorpreso solo la nostra ignoranza. E per questo da questo piccolo blog chiediamo ora aiuto agli esperti!

sabato 16 giugno 2012

C'era una volta in cooperativa


Oltre un anno di attività alla grande, con una partecipazione inaspettata e a volte entusiasmante, l'impegno volontario di un pugno di persone, oltre i programmi iniziali con la biblioteca di quartiere, che poi ha continuato comunque l'avventura con noi.
Chi veniva anche da fuori restava ammirato e sorpreso, soprattutto perché assisteva alla dimostrazione vivente che tante cose si possono fare dal basso, oltre la burocrazia e i tagli di bilancio, senza sempre bisogno di qualcuno che ti faccia l'elemosina o che ti dia una mano solo per poi venderti qualcosa!
Dal muoversi delle persone, anche quando è su base volontaria, nascono attività e incontri che poi magari vanno anche a produrre lavoro, reddito, "ricchezza". E per questo, oltre che per il piacere di farlo e la coscienza che è una cosa che fa bene alla gente, in particolare ai bambini, può risultare conveniente un limitato impegno volontario anche per uno come me che, vivendo di libera professione, toglie di fatto quel tempo al suo lavoro. In altre parole, da quel volontariato può nascere altro lavoro, e anche così a volte va il mondo, non solo secondo certi schemi prestabiliti e ingessati. Il fatto che molti non arrivino a capirlo ci spiega in parte perché, a parte la crisi generale, siamo un paese economicamente fermo.
Ora per alcuni giorni si svolgeranno con i ragazzi laboratori video e di cartoni animati tenuti dal Media Education Centre di Belgrado, non alla cooperativa diMompiano, ma a Urago d'Oglio e a Bovezzo. Sempre a Bovezzo, giovedì 21 per tutta la giornata saremo nella sala consigliare a incontrarci e a condividere idee ed esperienze, a sviluppare progetti sul come realizzare cose di qualità, a basso costo e forte spessore culturale, insieme con i bambini e i ragazzi, nella scuola e altrove. Alcuni che non possono esserci di persona, ci mandano intanto i loro video, come questo che arriva dalla Spagna in cui i bambini spiegano la tecnica!
Se qualcuno può passare di lì, pensiamo che sarà interessante!

martedì 12 giugno 2012

Restituiamo i cortili ai bambini!


Premessa. Dato che da 30 anni uso personalmente con i bambini tutta la tecnologia che mi passa per le mani, e non per contemplarla ma per fare le cose, credo che lo posso dire senza nessun timore di passare per un vecchio dinosauro spaventato dall'avanzare del “nuovo”. Ai bambini di oggi, più che scuole malamente “digitalizzate” (dove di norma non si sanno usare non solo i computer, ma nemmeno la macchina fotografica, ci crediamo davvero che il miracolo lo faranno ora le LIM e i tablet? Contalo a tua sorella!) servono fondamentalmente altre cose: adulti che raccontino storie e li aiutino a immaginare, libri (possibilmente di carta) a cui appassionarsi fin da piccoli; spazi nella natura per correre, esplorare, annusare l'erba e il muschio, andare in bicicletta, e soprattutto il tempo di potersi ritrovare insieme, a giocare con gli altri bambini. Queste cose, se mancano, non sono certo i gadget digitali che le sostituiscono! E queste cose soprattutto significano che la società torna ad ed essere attenta alle nuove generazioni, non solo per vendergli qualcosa, o per fare ideologia, ma perché ci tiene a che possano crescere in modo armonico e sereno.

Il “Corriere” una quindicina di giorni fa titolava: «I cortili ritornino ai bambini», riferendosi all'iniziativa di Chiara Bisconti, assessore al Tempo Libero del Comune di Milano, che ha pronta sul tavolo "una bozza tesa a rimuovere qualsiasi divieto al gioco per i bambini sotto i 10-12 anni con l'eccezione delle ore dopo pranzo". Mi ricordo negli anni Settanta Franco Passatore che, raccontando delle sue esperienze di animazione teatrale, poneva una domanda molto semplice, ma indicativa dei valori di una civiltà: perché le macchine possono fare rumore e i bambini no?
Non sappiamo quando e come usciremo dalla crisi attuale. Certo, l'opulenza che forse stiamo perdendo non ci ha reso più felici e sereni, più capaci di vivere insieme con gli altri, più capaci di godere di quello che abbiamo. Potrebbe anche essere che finalmente capiamo che forse, piuttosto che accumulare per per noi e per i nostri pargoli tesori da nascondere gelosamente nel chiuso di appartamenti incomunicanti, potrebbe essere molto più bello – oltre che meno costoso – lasciare che almeno i bambini scendano di nuovo a giocare in cortile. Perché il mondo - loro ancora istintivamente lo sanno – è più bello quando non lo si compra, ma lo si immagina e lo si gioca!

venerdì 8 giugno 2012

Scriviamo un libro di “finestre” sui bambini veri, tutti insieme!




Prima elementare: E.T.
Non ho ancora parlato qui dell'incontro internazionale che durerà una settimana e che inizierà tra meno di dieci giorni, "dalla Cooperativa Lavoratori di Mompiano verso altri luoghi in Brescia e dintorni, 17-23 giugno 2012".
In realtà – dagli arzigogoli del titolo già si intuisce - ci sono stati un po' di problemi e, come nelle storie più avvincenti, solo alla fine si arriva a capire esattamente quello che in effetti succede! Nei prossimi articoli sarò più dettagliato, ma intanto c'è questa idea, che parte insieme con il convegno, ma che penso possa portare molto più lontano, di un "libro collettivo" sui bambini da scrivere insieme, in rete.
Già ho inserito i primi elementi, dalla mia esperienza e da quella di altri con cui collaboro (che ancora forse non lo sanno, ma li ringrazio tanto!) , ma la cosa funzionerà quando tanti manderanno, linkeranno, testimonieranno. E sarà allora forse qualcosa che oggi ci manca!
C'è un testo introduttivo che vorrebbe rendere una prima idea, e qui lo riporto, e fin d'ora ringrazio tutti quelli che vorranno aderire a questa piccola (grande?) impresa.

FINESTRE SULL’INFANZIA

Esempi come finestre che si aprono, e guardando attraverso possiamo vedere i bambini. Non solo i figli, gli studenti, i piccoli consumatori, le giovani generazioni filtrate attraverso i nostri valori, desideri, stereotipi. Ma, per approssimazioni successive, per accostamento ostinato e curioso di punti di vista, i bambini veri, con anche il loro proprio modo di accostarsi al mondo, le loro intuizioni e ingenuità, la loro cultura multiforme in divenire.

1984: animazione teatrale
Oltre il pensiero razionale, la realtà si comprende anche per intuizione, analogia, empatia, emozione. E come ci accostiamo all'arte o alla musica, senza la pretesa di spiegarle a parole, così proviamo a fare anche con i bambini, che condividono solo in parte il linguaggio e il pensiero degli adulti, e vivono e agiscono in una terra di confine sulla quale noi non abbiamo completa giurisdizione.
Aree di esperienza, che si distinguono e si intersecano. Aree conosciute o strane, sorprendenti o banali, in cui i bambini, con tanta o poca originalità, comunque si muovono e vivono.

Parole, immagini, suoni, analogie, impressioni, ritagli di esperienze segnalate e documentate da adulti educatori... I moderni mezzi tecnologici di riproduzione, elaborazione, condivisione della realtà, consentono le falsificazioni più estreme, ma anche di comunicare le cose in modo quasi immediato e diretto.
1987: facciamo il video nella scuola dell'infanzia
chi conosce i bambini, se i documenti sono onesti, li riconosce!

Finestre di esempi suddivise per “aree” per permettere un inizio di riflessione, di discussione, ma ancor prima per sollecitare una scrittura collettiva volta non ad affermare tesi o teorie, ma a conoscere davvero i bambini e il loro mondo, a capire meglio attraverso l'accostamento di punti vista, l'accumulo curioso, il confronto possibile di materiale diverso.

martedì 5 giugno 2012

La pubblicità dei bambini: Prigion Baby


Un gioco che ho fatto molto negli anni passati, era proporre alle classi dalle elementari, dopo un breve percorso di decodifica del messaggio pubblicitario, di inventare dei prodotti e di ideare il relativo spot televisivo, che poi, alla buona ma con divertimento, si andava a realizzare.
Rispetto ai consueti lavori scolastici sulla pubblicità, per lo più centrati sull'analisi del testo e dei messaggi, c'erano meno suggestioni adulte e più libertà, per i bambini, di attingere alla propria immensa cultura latente di telespettatori, per rielaborarla, farne immagini, storie, espressione originale.
In questo modo, non solo l'educatore verifica se i bambini hanno imparato, ma può a sua volta imparare molte cose dai bambini, dalla loro capacità di sintesi e dal punto di vista naturalmente “divergente” che, quando si sentono liberi di giocare e non solo in dovere di compiacere l'adulto, essi sanno esprimere a volte con rara efficacia.
Prigion Baby” fu realizzato nel 1995 a Soresina (CR) ed è bello: situazione chiara, tempi e ritmi rapidi e precisi, descrizione del prodotto sintetica, completa, puntuale. E quella capacità “magica” che hanno tra di loro i bambini di organizzarsi, che la scuola del sapere che si trasmette e si inculca, statisticamente, sollecita poco e di rado. Una dimostrazione nei fatti della possibilità concreta di una scuola del fare in cui tutti, adulti e ragazzi, siano ugualmente protagonisti, a livelli culturalmente e produttivamente elevati.


domenica 3 giugno 2012

Quando i bambini giocavano con il PC


Il mouse, scuola dell'infanzia,1997.
C'era una volta, tanto tanto tempo fa, un oggetto, una macchina chiamato personal computer. Era nato quasi per gioco, mettendo insieme pezzi di tecnologia, e ogni giorno giocando, provando, sperimentando e curiosando, proprio come fanno i bambini, tanti appassionati, spesso poco più che bambini, scoprivano nuove cose che con quella macchina si potevano fare.
Non forse proprio ridendo e scherzando, certo impegnandosi molto e lavorando, ma comunque divertendosi moltissimo, sono quasi riusciti con quella macchina a cambiare il mondo.
E i bambini veri, anche loro, potevano partecipare, giocare a trasformare le facce e le voci, a mettere insieme pezzi di immagini e suoni, storie ed ed effetti speciali, usando il computer come una palla, una bicicletta, i colori a dita, i sassi e le conchiglie, con la stessa curiosità e la immaginazione, per fare cose nuove e diverse.
Era diventato talmente facile il pc, che anche bambini che non lo avevano mai adoperato, che non vivevano immersi nella tecnologia ma – tanto per dirla tutta – non avevano mai preso in mano un telefonino, subito capivano come usarlo, e facevano, producevano! Come questi bambini cubani del video, con cui ho lavorato qualche anno fa, e che usavano un software “obsoleto”: cioè, non un programma che oggi è superato da uno migliore, ma che semplicemente non c'è più!


Il personal computer era (ed è!) come una fantastica cucina dove tutti potevano (possono, volendo possono, ma occorre volerlo!) mescolare gli ingredienti e inventare ogni giorno piatti nuovi.
Molte delle macchine digitali di oggi sembrano piuttosto come un ristorante, dove puoi solo ordinare quello che ti hanno preparato i cuochi!

sabato 2 giugno 2012

La petizione per i bambini della Siria

Una delle cose più tristi, quando avvengono stragi orribili come quella di Hula, è assistere al rituale rimpallo di responsabilità, alle accuse reciproche tra le diverse parti in conflitto, e soprattutto alle giustificazioni di chi tiene per la parte indicata come responsabile per affermare che i “cattivi” veri sono sempre altri.
Così, come la Russia oggi difende il regime siriano, allo stesso modo c'è chi comunque difende gli israeliani quando le vittime sono bambini palestinesi, chi difende i palestinesi quando le vittime sono bambini israeliani, chi in Afghanistan si sdegna per i bambini ammazzati dai talebani e non per quelli uccisi “per errore” dalle bombe della NATO e viceversa, e così via.
La petizione di Avaaz.org chiede almeno 3.000 osservatori internazionali, in modo che chi si comporta da criminale – chiunque sia – più difficilmente lo possa poi negare e sottrarsi alle proprie responsabilità. E in questo modo forse si potranno salvare degli innocenti, in particolare bambini.

Forse, perché purtroppo in questi anni la “comunità internazionale” , quando è intervenuta in quelle che una volta si chiamavano “questioni interne” dei singoli paesi, lo ha fatto per lo più in modo molto opinabile e spesso violento, e raramente, per una ragione o per l'altra, è riuscita a fermare le stragi degli innocenti. Anzi, sappiamo bene che spesso proprio gli interventi “pacificatori” hanno scatenato dinamiche perverse e incontrollabili, aggiungendo ulteriori conflitti, lutti, disastri.
Certo, è una buona cosa che centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo firmino per mettere fine alla carneficina in Siria, e che ancora l'indignazione spinga a mobilitarsi, a cercare di fare qualcosa. E che si usi la rete per far sentire forte la voce anche della gente comune, coscienti che nel nostro tempo possono esistere alternative ai maneggi della politica e del potere. E speriamo che serva, oggi ai bambini siriani e domani magari ad altri, chiunque essi siano e da chiunque, nemici o amici nostri, siano minacciati!