Ascolto
quello che si dice e leggo quello che si scrive della “tecnologia”,
in un rimbalzo continuo di luoghi
comuni
e osservazioni miopi, frammisti a qualche intervento intelligente che
si perde di solito nella confusione
generale
e ovviamente non passa, perché richiederebbe alla gente la fatica di
pensare. Il panorama sembra sempre più desolante, al pari delle
notizie quotidiane dalla politica (per
non parlare delle discussioni su Facebook!),
così che per alcuni giorni, approfittando delle vacanze, mi dirotto
sulla maratona TV del Trono
di Spade,
che per anni mi ero ostinato a non guardare. Quando però il Drago non
morto distrugge la Barriera
spianando
la strada all’armata
sterminata
e
mostruosa
degli Estranei
allora è troppo, il
culmine di angoscia, disperazione,
pessimismo è raggiunto. Basta!
Vado
a rivedermi
i due video
del laboratorio della scorsa primavera con i
ragazzi della secondaria a
Siena (della
primaria
ho già scritto qualcosa qui):
il film Continuavano
a chiamarlo Don Santino
e il “documentario” correlato, gli incontri con i ragazzi,
l’invenzione, la realizzazione, il backstage,
l’incontro finale con l’organizzatore di produzione RAI che ci
viene a trovare e i ragazzi gli parlano insieme come fossero
colleghi.
Grandioso! Partecipano
a ogni fase con estrema naturalezza, si dividono spontaneamente i
ruoli, spesso scambiandoseli, si
divertono e scherzano
e fanno i buffoni, ma al momento di “lavorare” sono
presenti
i modo preciso e puntuale, attenti e precisi. E non solo agiscono
d’istinto, ma concettualizzano con precisione. Meglio
in questo caso, nei risultati e nella documentazione, di molti altri
laboratori, ma in modo del tutto analogo, perché è così
che abitualmente, regolarmente, rispondono
i bambini e i ragazzi,
che si tratti di video o computer,
di teatro
o storytelling,
di insetti
e ragni
o monumenti
antichi,
o burattini.
Così rispondono, nella mia esperienza, in diverse parti del mondo
oggi
come quarant’anni fa, perché gli umani non si evolvono e non cambiano affatto nei tempi frenetici voluti dal mercato!
Mi
domando: dove
sono quelle
generazioni
di mutanti,
dipendenti dagli aggeggi tecnologici, persi in
confuse realtà virtuali, con cui molti adulti disperano ormai di
trovare canali di comunicazione? Dove sono la mancanza di attenzione,
il bullismo,
le difficoltà di relazione e di apprendimento?
Può
essere - è
una ipotesi, la
butto lì, ma varrebbe la pena magari di ragionarci un poco – che
semplicemente, quando
invece di descrivere
dal di fuori
realtà che a forza di descriverle diventano enormi di parole e
inaccessibili, dentro
quelle realtà
invece banalmente
ci
si entra e ci si sta, allora forse si
verifica
che sono molto più semplici, più vivibili, meno problematiche.
Perché gran
parte della difficoltà
oggi non sta nella realtà
stessa,
ma nella
nostra rassegnazione
a non agire, a non prenderci la responsabilità
di toccarla e modificarla, pure
in una
situazione
tecnologica e sociale che oggettivamente darebbe ad ognuno di noi,
proprio in questi ultimi anni, magari
non individualmente, possibilità di azione
che l’umanità mai nella storia aveva conosciuto.
Così
propongo
una piccola
riflessione,
osservando
quello che per esempio a me succede. E
invito
gli amici, i colleghi, li
invito di cuore a rispondermi,
contestarmi, mandarmi anche quel paese, ma tenendo conto di quello
che dico, per favore, e con argomentazioni solide. Cioè, io vedo delle
prospettive e pongo delle domande, e per capire se sono tutte sciocchezze o illuminanti intuizioni, occorre rispondere a quelle domande!
Dunque,
riepilogando:
l’osservazione
del mondo,
o meglio della sua rappresentazione,
attraverso i mezzi di comunicazione, la TV, la rete, le pubblicazioni
a stampa e multimediali, propone oggi spesso
situazioni
sempre più intricate
e disperanti, che ci rendono infelici e insicuri, esasperano le
difficoltà e le tensioni. Quando il riferimento è a quella
rappresentazione, anche i rapporti con le persone, in presenza o
nelle piazze virtuali, sono difficili e problematici.
L’attività vissuta invece che per esempio vado a svolgere nel mondo, i laboratori nelle scuole, l’incontro con i colleghi durante i convegni e i festival, mi disegnano viceversa un panorama di solito piacevole e soddisfacente, dove le difficoltà esistono, ma sono piccole cose che non pregiudicano affatto il buon rapporto di fondo con persone, i cui comportamenti e azioni non corrispondono affatto a quegli schemi totalizzanti.
Ora,
domanda buttata lì: perché mai la “rappresentazione”,
nell’assegnare le stelline di gradimento al tempo presente,
dovrebbe prevalere sull’esperienza reale e vissuta? Dove
non ci siano guerre, fame, situazioni socialmente insostenibili o
calamità naturali, davvero
viviamo in un mondo così difficile e insolubile,
o siamo noi che, gratuitamente, ci complichiamo le cose?
Questo
è l’inizio di una riflessione complessa, che intendo sviluppare in
modo adeguato, possibilmente non da solo. Si può incominciare con qualche commento qui a questo post, per costruire insieme poi qualcosa di più importante e completo.
continua...
continua...