Prima
di introdurre la seconda parte sul linguaggio LOGO, due parole sulla
terminologia.
La
prima volta che mi spiegarono la distinzione tra analogico
e digitale fu all'università, e a parlare era Umberto
Eco. E forse sarà tanto “pedigree” che mi rende
insopportabile la leggerezza e l'approssimazione con cui il
termine “digitale” viene usato oggi, all'interno di discorsi
spesso tanto zeppi di ideologia quanto carenti di sostanza. E
mi dà fastidio che sull'approssimazione sistematica qualcuno ci
sguazzi, ci marci, ci faccia i soldi, lasciando gli altri nella
confusione.
Dalla "LOGO Art Gallery" |
Dunque,
un sistema analogico è per definizione continuo, si
basa sul più e sul meno, sulle quantità, le sfumature; non permette
una netta separazione in singoli elementi ed è complicato da
modificare. Un sistema digitale invece è discreto,
basato sulla presenza o assenza (sì no, 0 1) e, una volta separato
nei suoi singoli elementi, consente elaborazioni virtualmente
infinite. La musica e l'arte sono tradizionalmente
analogiche, così come il pensiero, le lingue,
i sensi degli umani. I computer e gli aggeggi
elettronici che usiamo oggi, dentro sono digitali,
e il progresso della tecnica ha permesso di digitalizzare,
cioè rendere discreti, separabili e quindi elaborabili, anche
sistemi tradizionalmente analogici, come la musica, le immagini, i
video.
Questo
però non significa affatto per gli umani, come qualcuno
sembra credere, lo sviluppo necessario né tanto meno automatico di
particolari e innovative “competenze digitali”, dato che
i contenuti digitali (dentro) a noi arrivano
(fuori)
secondo le consuete modalità analogiche, tradotti,
decodificati, resi accessibili ai nostri sensi. E anche i
gadget dell'elettronica, non a caso vedono la loro stagione di
massima diffusione nel momento in cui adottano interfacce come il
touch screen, (“digitale” nelle modalità d'uso
solo nel senso che si usano le dita!) tendenzialmente
istintive, naturali, corporee, sempre più metaforiche e analogiche nell'approccio utente!
Anche
negli anni Ottanta, non si scherzava con l'ideologia.
Nei convegni – con la stessa sicumera con cui oggi qualcuno parla
di “nuove specie in via d'apparizione” perché vede marmocchi che
giocano fin da piccoli con i telefonini! - c'erano i soliti
“lungimiranti” che sentenziavano che chi
non fosse stato capace di programmare,
nella nuova società dei computer si sarebbe ritrovato analfabeta!
E qualcuno aveva definito il linguaggio
di programmazione BASIC
come il «latino
del futuro»!
Certo
è che, i linguaggi
di programmazione
cosiddetti di “basso livello”, così come quelli strutturati
(un po' meno il suddetto BASIC), quelli sì costringono (o aiutano,
dipende dal punto di di vista), gli umani ad imparare, ad assumere un
modo di pensare
in qualche modo digitale.
E
può non essere affatto, per la capacità di comprendere meglio il
mondo in cui viviamo, una cattiva cosa.
Dalla "LOGO Art Gallery" |
Il
confronto tra il BASIC e LOGO
può essere illuminante.
Prendiamo
l'esempio di un programmino per disegnare un quadrato
con il BASIC Microsoft MSX2,
uno dei più potenti tra quelli di prima generazione (poi sono
arrivati i BASIC anche strutturati, moderni, che sono
un'altra cosa). Per brevità, alcune istruzioni complesse grafiche e
sonore venivano sintetizzate con lettere dell'alfabeto.
10 SCREEN 2
20 LINE (50,50)
- (100-100), 15, B
30 GOTO 30
Dopo
aver definito un modo di schermo grafico, date due coordinate, usando
il colore 15 viene disegnato un quadrato (B
sta per block,
e vale solo
all'interno dell'istruzione LINE).
La riga 30, richiamando se stessa, serve a far rimanere il quadrato
sullo schermo. In modo analogo, all'interno dell'istruzione
DRAW (ma solo in
questo "dialetto" BASIC) valgono la "U" di up, la
"D" di down, la "R" di right , la "L"
di left. Così, per disegnare un quadrato, si può anche scrivere:
10 INPUT A
20 SCREEN 8
30 DRAW
"D=A;R=A;U=A;L=A;"
40 GOTO 40
Dove i parametri
di DRAW sono
indicati sotto forma di una «stringa
di caratteri» al
cui interno è ammessa la variabile
A (la dimensione del
lato, racchiusa tra i segni «=» e «;»), che va immessa da
tastiera. Il su, giù, destra e sinistra sono dal punto di vista,
relativo ed «esterno», di chi guarda lo schermo.
Latino del futuro?
Direi che, anche per quei tempi, ci voleva un notevole sforzo di
ottimismo!
Nel LOGO
il punto di vista è sempre e solo quello della “tartaruga”
(il cursore sullo schermo). Per cui, indicando con il segno «:» la
variabile «lato», per disegnare
un quadrato si può
scrivere un programma così, rigoroso, pulito, semplicissimo:
per quadrato
:lato
ripeti 4
[avanti :lato destra 90]
fine
Direi
che anche l'assoluto neofita, umanista irriducibile e
tecnofobo, che leggendo le pur semplicissime tre o quattro linee di
istruzioni BASIC qui sopra avrà probabilmente avuto una istintiva
reazione di rigetto, di fronte a un programmino così, probabilmente
qualcosa capisce, immagina e, trovando magari anche la cosa
interessante, si ritrova come per magia a “pensare
digitale”...
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