martedì 8 gennaio 2019

Tecnologia, Educazione, Azione (di descrizioni si muore)

Continuo la riflessione collettiva a cui ho invitato qualche giorno fa (i cui temi in realtà sto trattando ripetutamente, in questo blog come in altri spazi web, così come nel mio libro americano, di cui sempre qui sto pubblicando una sintesi). L’intento è arrivare a una visione sempre più puntuale e incisiva, non solo di descrizione, ma di azione sulla realtà, convinto che, nell’era dell’informazione diffusa e globalizzata, di sole descrizioni si muore, soprattutto quando si avvitano all’infinito su luoghi comuni, o su argomentazioni di cortissimo respiro, nel tempo, nello spazio, nell’orizzonte culturale.
Leggo in questi giorni, per esempio, che il gelo e la neve al sud Italia sarebbero una buona notizia rispetto al riscaldamento globale terrestre; oppure che l’episodio di un vicesindaco che butta nel cassonetto le coperte di un senza tetto ci mostrano il tipo di “futuro” inumano verso cui stiamo (inevitabilmente) andando. Prego? Basta un po’ di inverno per azzerare cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo da decenni? E le idee politiche che raccolgono consensi in questi mesi, perché altre nei mesi scorsi hanno fallito, non potrebbero a loro volta fallire nel giro di pochi mesi e perdere consenso?

Pyrgos (Grecia), lab in scuola primaria, 4 dicembre 2018
Orfani ormai da decenni di una visione complessiva in cui inquadrare i fenomeni a cui assistiamo (anche i marxisti, quelli che una volta erano “scientifici”, e poi si domandano perché si stanno estinguendo!), malati irrimediabilmente di presentismo, ormai da ogni singolo episodio ognuno di noi si sente a autorizzato a delineare prospettive generali, che nemmeno gli vengono più confutate, perché tanto ormai nessuno entra nel merito delle discussioni. Se si è schierati con una parte, quella ha sempre ragione a prescindere, e se non si è schierati, sono comunque gli altri che ti schierano: non hai detto cose giuste o sbagliate, ma sei un grillino, un leghista, uno del PD, un tecno maniaco, un tecnofobo!

E se invece di parlare in coro di “cultura digitale” - facendo finta che significhi davvero qualcosa e che su quel qualcosa siamo tutti d’accordo - riprovassimo a dialogare un po’ di più per esempio utilizzando le lingue degli umani, che hanno parole, sintassi, sistemi operativi collaudati e aggiornati nel corso dei millenni, in grado di costruire e produrre pensiero, conoscenza, cultura?

Propongo quindi due “titoli”, poco più che affermazioni, basate però sui fatti e sull’esperienza, a sollecitare un punto di vista sulla realtà che al titolo e all’affermazione non si fermi - che orrore, che assurdità, che effetti nefasti sul mondo, la politica a colpi di tweet! - ma che da una certa perentorietà e forza dei titoli tragga l’energia per una discussione emotivamente forte, oltre che culturalmente seria. Se qualcuno vuole contestarmi o correggermi, è benvenuto, a patto che pure si basi sui fatti e sull’esperienza. Cercheremo di contestualizzare i rispettivi punti di vista e di capire, andare oltre insieme.

1. I grossi problemi sociali del tempo odierno non sono dovuti allo sviluppo della tecnologia, ma alla costrizione di questo stesso sviluppo all’interno dei modelli culturali, produttivi, di consumo e finanziari precedenti, obsoleti e anacronistici (una volta si diceva: contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti di produzione). Al mercato conviene confermare presso la massa dei consumatoti un modello di “futuro” stile i cartoni animati dei Pronipoti (anni Sessanta del secolo scorso), che nell’immediato fa vendere molte più merci (permane la preminenza dell’hardware sul software, con una netta distinzione tra produttori e consumatori, come negli anni Sessanta), mentre, in un mondo che ci raccontiamo in tumultuoso cambiamento, l’umanità digitale innalza muri contro l’invasione delle popolazioni straniere, come al tempo del Vallo di Adriano o della Muraglia Cinese!
Non è detto poi che tra la mancata educazione all’uso dei mezzi che hanno invaso la nostra vita e le ondate di terrorismo, guerre, odio razziale e fascismo che stanno percorrendo il mondo ci sia una correlazione diretta, ma certo riempire la vita di uomini e donne di strumenti potentissimi (che nessuno però aiuta a capire) e allo stesso tempo farli sentire sempre più impotenti rispetto al proprio lavoro, futuro, sicurezza, non migliora l’equilibro personale dei singoli, né la partecipazione serena e responsabile dei cittadini alla vita pubblica.

2. Tra le giovani generazioni di oggi e quelle dei decenni passati, non ci sono sostanziali differenze. Cioè, messi in situazioni simili, i bambini e i ragazzi reagiscono più o meno allo stesso modo. Lo affermo con sicurezza dopo 40 anni di esperienza e ho documenti audio e video che ampiamente lo confermano. Se per esempio gli si propone di giocare con i burattini, le reazioni sono le stesse, così come lo stesso effetto fa il gioco della “TV specchio”, per non parlare della maturità, competenza e proprietà di osservazione e di pensiero che dimostrano, sempre, secondo modalità molto simili, ogni volta che li chiama in causa come attori attivi e consapevoli, che di tratti di fare teatro, inventare storie, osservare gli insetti, usare ogni sorta di tecnologia all’interno di un progetto: niente bullismo, crisi d’attenzione, anzi! Non pretendo di avere io in tasca la verità, contro tutto il mondo che dice il contrario, ma semplicemente faccio presente che i bambini e i ragazzi che conosco nelle mie attività non corrispondono affatto a certe descrizioni che oggi vanno per la maggiore, di “nativi digitali” e via dicendo. Ma probabilmente sono io che vivo in un universo parallelo!

1 commento:

  1. Sono in grandissima parte d'accordo con quello che dici e, come succedeva ai miei tempi, i miei nipoti giocano poco con gli oggetti regalati e molto con carta, cartone, pennarelli, legnetti, lente per guardare le formiche, giocano tranquillamente con bambini di altro colore (particolare che non gli interessa), fanno commenti assolutamente intelligenti, eccetera. Il che mi dimostra che molte innovazioni che noi demonizziamo sono demoniache soltanto per l'uso che se ne fa o che ci impongono, altrimenti sono strumenti. A differenza di Mcluhan io penso che il medium è il messaggio solo in una civiltà come la nostra. Basterebbe cambiare modello, cosa facile a dirsi e difficilissima a farsi. Qui dovrebbe entrare in campo la politica che dialoga con la filosofia. Siamo messi maluccio.

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