lunedì 3 settembre 2012

Pensiero digitale: il linguaggio LOGO 1

Tra i compiti delle vacanze che non sono riuscito a fare c'era anche, all'interno di una serie di progetti in via di definizione, tornare a giocare con alcune versioni del LOGO, il linguaggio di programmazione per bambini che ebbe un certo seguito nei lontani anni Ottanta, quando per “cultura digitale” non si intendeva ancora scaricare dal web temi e suonerie per il telefonino!
Problemi miei di “overbooking” a parte, in tempi in cui a una apparente corsa sfrenata in avanti della tecnologia delle comunicazioni corrisponde un reale irrigidimento tra gli umani della capacità di comunicare, confrontarsi, progettare insieme (cioè, non sappiamo usare bene gli strumenti digitali, ma nemmeno il nostro cervello, basta vedere come gestiamo a livello mondiale la crisi economica!) forse l'idea di provare definire alcuni punti fermi, possibilmente evitando la pressione del mercato, non sarebbe male.
Dalla "LOGO Art Gallery"
E il LOGO può rivelarsi uno spunto di riflessione interessante.
Sul mio blog “Bambini Oggi” ne avevo scritto, ma da circa un mese tutti i miei 944 articoli sotto la bandiera del network Blogosfere sono, per scelte redazionali, irraggiungibili. Così, inizio oggi proprio con il LOGO e recuperare alcune cose, tra quelle meno legate all'attualità, che credo mantengano ancora un certo interesse generale.

Avevo dunque, e ho ancora il LOGO su cartuccia che girava sugli "home computer" MSX. Più dinamico della versione monocromatica MS Dos che ebbe una certa circolazione nelle scuole italiane, gestiva 16 colori, 2 canali sonori e soprattutto il movimento. Comandava fino a 30 tartarughe che potevano assumere ognuna una forma diversa, e si potevano programmare i loro spostamenti e anche gli «scontri».
Trovato il dischetto dove avevo salvato i dati, controllo sul manuale le istruzioni primitive, in italiano, scritte per esteso o abbreviate (vt = via testo; rg = ripristina grafico, ecc.), attacco il vecchio home computer e, dato che esce con un segnale video PAL, come la TV, provo a registrare un po', fino a quell'antico abbozzo di videogioco. Ahi! Non va! La tartaruga nera doveva essere comandata dal joystick e attraversare schivando il traffico, e invece è andata «diritta al cuore»! Evidentemente avevo sbagliato qualcosa.


Il LOGO è un linguaggio di programmazione strutturato.
Ideato presso il mitico MIT da Seymour Papert, allievo di Piaget, ancora negli anni '60, con il fine insegnare la matematica e la geometria ai bambini come una lingua naturale, in origine permetteva di programmare i movimenti di una tartaruga robot. Poi è stato portato sui personal computer. A partire da una serie di istruzioni primitive che - a differenza di altri linguaggi anche popolari come il BASIC, non sono solo in inglese ma disponibili nelle diverse lingue - consente di definirne di sempre più complesse, che «incorporano» le precedenti e che il computer impara. Fino alla realizzazione di veri e propri programmi che, come quelli «veri» utilizzano routine che possono venire tranquillamente portate da un software a un altro.
Con il LOGO, i bambini e ai ragazzi non solo sperimentano la possibilità di «impartire ordini» alla macchina, ma anche sono costretti a pensare in modo preciso, ordinato e logico, davvero «digitale», se no il computer non capisce. Quando un comando è sconosciuto, o manca qualcosa, il LOGO te lo dice: «non so cosa fare con....», oppure «destra vuole più oggetti» (cioè, bisogna specificare di quanti gradi la tartaruga deve girare). E basta una istruzione approssimativa per produrre risultati assolutamente strampalati. Nel mio video, per esempio, quando lanciando il programmino «incidente» vedo che le tartarughe si inciampano l'una nell'altra, è perché probabilmente l'orientamento era rimasto condizionato da un comando precedente e così, per ottenere il risultato che voglio, dovrei aggiungere al programma una riga in cui gli si ricordi di ripristinare sempre la situazione iniziale: "rg = ripristina grafico"! In questo caso, per brevità, l'ho fatto da tastiera.

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