domenica 23 settembre 2012

Con Nintendo DS e i Pokemom, ritorno al futuro: la tastiera!

Fanno sorridere, in molti film di fantascienza degli anni '80, gli schermi a tubo catodico bombati che spesso ritroviamo nelle astronavi del “futuro”. Allo stesso modo, tra qualche anno probabilmente sorrideremo dei più avveniristici ma improbabili touch screen trasparenti con i quali nei film di oggi si immagina che la complessità dei computer un domani potrà essere ridotta a pochi gesti plastici, sfogliando le funzioni con le dita come oggi si fa con i giornali della rassegna stampa in TV o con le foto delle vacanze sull'iPad. E anche con la precisione sintattica estrema di un vulcaniano, è difficile immaginare di poter dire a voce, in tempi accettabili, tutta quella sequenza di selezioni che, tra menù e sottomenù, si compiono in pochi secondi con un mouse. Chi poi con il computer ci lavora davvero, sa che ancora oggi il modo più veloce per dare i comandi restano – e per questo conviene impararle a memoria, perché poi si risparmia un sacco di tempo - le combinazioni di tasti sulla tastiera: crtl + c = copia; crtl + v = incolla crtl + s = salva; ecc.

Proprio la vecchia cara tastiera torna protagonista alla grande – e rischia di essere qualcosa di clamorosamente importante - nella nuova proposta di Nintendo, casa che, più che seguire le mode, spesso innova in modo anche clamoroso. Basti pensare allo schermo tattile, introdotto per la prima volta in un prodotto di largo consumo con la Nintendo DS; o alla Wii, che ha cambiato l'idea stessa di videogiochi. Gli stessi Pokemon, divenuti cultura dei bambini di tutto il mondo, dimostrano quando possano essere popolari giochi impegnativi anche dal punto di vista mentale e conoscitivo. E' anche osservando come i bambini spontaneamente imparano i nomi, la classificazione, le proprietà dei Pokemon, che io personalmente ho rotto gli indugi nel proporre il mio Museo Virtuale dei Piccoli Animali.

Impara con Pokemon si gioca con la tastiera. E la si impara, gradualmente, dalla singola lettera alla fila di caratteri vicini, fino alla capacità di individuare i tasti e di pigiarli senza guardare, usando tutte quante le dita! E quando arrivano all'ultimo livello, con l'ultimo Pokemon, a sette o otto anni i bambini, senza accorgersene, sanno già scrivere come un dattilografo!
Troppo bello per essere vero? Forse. Ma il mondo - parlo per la mia esperienza personale con i bambini - è pieno oggi di possibilità anche molto facili da cogliere, che risolverebbero forse un sacco di problemi (l'attenzione, la motivazione, il bullismo ecc.) e che ostinatamente per esempio la scuola continua a ignorare. Che alla Nintendo abbiano scoperto l'uovo di Colombo, perché tutti i bambini possano conseguire giocando abilità che normalmente si conquistano in altre età, attraverso corsi lunghi e spesso noiosi?

Dopo di che, come sottolineava anche il professor Andreoletti, durante la presentazione giovedì scorso a Milano, il fatto di usare abitualmente la tastiera non significa – come sembrerebbero intendere certe scelte “futuriste” che qua e là prendono piede in questo mondo confuso – la “inutilità” dell'apprendimento oggi della scrittura tradizionale, e in particolare del corsivo. Non è questione solo se dopo la si usa tanto oppure no. A parte che l'istruzione dovrebbe favorire le libere scelte di ogni individuo e non un conformarsi solo a quello che fa la maggioranza, la scrittura manuale comporta comunque l'acquisizione di abilità psicomotorie che, non sappiamo quanto, sono importanti in generale per lo sviluppo cognitivo. E sono inquietanti i possibili scenari in cui umani civilizzati, in mancanza di una tastiera o di interfacce digitali, non siano in grado di tradurre con le proprie mani i pensieri in segni sulla carta, su una lavagna, sulla sabbia.

martedì 18 settembre 2012

Children tell how they “made cartoons”!

From that experience, Ospitaletto (Brescia, Italy, 1996) it came the wonderful drawing of the mouse, that I have used a lot of times during years. Another great image is the one about “copying” voices with the cassette recorder!
I've always been trying to look at true children facing personal media, and now, as recovering old documents and listening again after so much time to those real voices, though 15 years “old”, I think that they are worth to be spread around, to be published.
The video is taken from an original VHS, and 5 years old babies tell how they made “cartoons”, just clicking on “small pictures” on the screen, making images and sounds to come and go from the screen. There are many transitions and titles, and only a few real animations in this video (the main aim was to write a book, as actually we did, printed). Though, this is maybe enough to evoke another possible story, of children making multimedia with a professional software (Scala MM 400 in this case) as well as trying easy and very powerful animations with the unreachable anim-brushes of the old Amiga (out of the experience of most Microsoft and Apple users!)
Actually, kindergarten children couldn't manage alone a professional software like Scala, but they could deal very well with graphic objects and their position on the pages, with the in and out effects and transitions. And naturally, create astonishing animations in few seconds just dragging the mouse across the screen (little but better examples are in Ulisse, Con il Topolino..., Ciak si gira.
In order to see kids working without an adult guide, in my experience they are to be at least in the 4th grade of primary school. I first tested it in a perfect workshop situation, year 2000, with Scala Infochannel Designer on Windows (without anim-brushes, of course!), with a whole group of nine years old working quiet alone, after a 15 minutes introduction.
But their true voices... this is what generally, speaking about children, we have not the occasion of listening to



mercoledì 12 settembre 2012

Giochiamo al cinema senza parole


Ieri, nel fare ordine tra montagne di carte, ho trovato alcuni disegni di bambini che vengono da un progetto di altri tempi, “Giochiamo al cinema senza parole”, realizzato nel 1995 con Alberto Lorica in due scuole materne di Brescia, in occasione dei 100 anni del cinema. Anzi, dovrò chiamare Alberto e chiedergli se gli è rimasto qualcosa, perché tra tutte le decine di video con cui posso ripercorrere per ampi tratti le mie storie di animazione, a quanto pare proprio questo montaggio, paradossalmente, mi manca!
Credo sia importante per ognuno di noi, mentre si fanno tutti i giorni i conti con le gioie e i dolori del proprio presente, mantenere il senso della piccola storia che abbiamo attraversato per arrivare fin qui. Soprattutto quando si fanno attività con i bambini, i quali, prima di venire risucchiati nel conformismo sociale che soprattutto di questi tempi tutto sembra omologare e appiattire alle mode e agli stili di vita del momento, hanno comportamenti, reazioni, emozioni che rispondono a costanti antropologiche che variano molto poco nel tempo. Cioè, a differenza di quanto suggeriscono certi luoghi comuni, i bambini di oggi a stimoli simili rispondono praticamente allo stesso modo dei bambini di 30 anni fa. Anche se magari giocano abitualmente con giocattoli diversi.
Il “giocattolo” che portammo allora nelle scuole era già per quei tempi un oggetto antico e sconosciuto: un proiettore cinematografico 35 mm. Ricordo anzi che era del Comune, ma nessuno se ne ricordava, e Alberto dovette convincerli che da qualche parte ce l'avevano. Fu trovato, e alla fine ci presentammo nelle scuole con quell'aggeggio insolito e le “pizze” di un film di Charlot. E già aprire con i bambini quelle misteriose scatole metalliche fu l'inizio di un'avventura nuova e un po' magica.
Devo cercare se ho qualcosa del girato hi-8 (si lavorava con due videocamere, e probabilmente io e Alberto ci eravamo portati a casa le rispettive cassette... ahi, che vuoto di memoria e documentazione!), per ritrovare e magari pubblicare qualche sequenza in cui i bambini si affollano con curiosità ed entusiasmo attorno alla pellicola, a sbirciare la storia interessantissima nel fitto susseguirsi di fotogrammi che sembrano tutti uguali e che invece alla fine sono diversi! Nel 35mm le immagini si vedono, colpiscono i sensi e l'immaginazione prima ancora di passare davanti alla luce che darà loro il movimento, e questo costituisce per i bambini un'esperienza sensoriale completamente diversa e molto più intensa di quella che può offrire, al primo approccio, una video cassetta (o un DVD, un lettore MP4, un pen drive!).
Quando poi si fa il buio, si accende la luce del proiettore e le bobine cominciano a girare, non nella lontana cabina di un cinema ma nella propria aula di scuola, allora è quasi un rito collettivo. Bellissimo!

Se proposto in un contesto adatto, il film muto piace ancora molto ai bambini piccoli, che si ritrovano nel suo linguaggio espressionista, nei gesti e nelle espressione carichi e accentuate, nella comicità spesso “infantile”. E subito si prestano a giocarlo, a riprodurre scene e situazioni, a copiare azioni e movimenti.
In quell'occasione, mi ricordo che a turno alcuni bambini si travestivano con vestiti e cappelli, per assomigliare ai personaggi del film, e si presentavano ad altri bambini che li osservavano, attraverso la videocamera montata su un cavalletto. Come una sorta di provino per gli attori, di esercizio per i “registi”, prima di iniziare a girare le scene vere e proprie, in cui le macchine da presa sarebbero state manovrate dai grandi, ma i bambini sarebbero stati comunque i protagonisti, giocando a turno alcune tra le scene preferite e controllando intanto gli altri le riprese in diretta su un monitor.
Dal film di Charlot al nostro gioco, divertente e serio al tempo stesso, curato nei particolari: fu una bella esperienza, per noi, i bambini, le maestre, nei giorni dei 100 anni del cinema!

lunedì 10 settembre 2012

Pensiero digitale: il linguaggio LOGO 3


Il linguaggio di programmazione LOGO - da quanto si è visto nei due post precedenti mi auguro si intuisca - nel confronto con il BASIC tradizionale è allo stesso tempo più digitale, ma anche molto più umano.
Per arrivare a disegnare il quadrato dell'esempio, si può procedere per passi successivi, ordinando magari inizialmente alla tartaruga di muoversi avanti 50, dx 90 avanti 50, dx 90 avanti 50, dx 90 avanti 50. I 90 gradi degli angoli di un quadrato non cambiano, ma la lunghezza del lato, quella ovviamente può variare, per cui viene da sé l'introduzione di una variabile, che si può indicare con la «x», Così come “istintivo” viene, in questo caso, il ricorso all'istruzione primitiva «ripeti», dopo aver osservato che al programma si chiede di eseguire 4 volte la stessa operazione.

Quando in LOGO ho scritto:

per quadrato :lato
ripeti 4 [avanti :lato destra 90]
fine

il computer adesso ricorda la definizione di “quadrato”, in modo che la prossima volta non dovrò ripetere le istruzioni ma basterà scrivere il nome. Cosa utilissima, nel caso di procedure lunghe.

Ma il “pensiero digitale” è esatto e molto pignolo.
Se infatti scrivo semplicemente “quadrato”, il vecchio LOGO MSX mi risponde: “quadrato vuole più oggetti”.
Io so che in questo caso l'”oggetto” è uno solo e non può che essere il lato, per cui scriverò “quadrato 40”, “quadrato 65” e così via, ottenendo un disegno con il lato della lunghezza indicata.

Posso anche replicare il primo programmino per ognuno dei poligoni conosciuti, per es:

per esagono :lato
ripeti 6 [av :lato dt 60]
fine

ancora ricordandomi a mente di immettere l'oggetto lato, oppure introdurre una seconda variabile, “numero dei lati”, e avere così una definizione valida per tutti i poligoni, scrivendo:

per poligono :lato :numero
ripeti : numero [av :lato dt 360 / :numero]
fine

Al comando “poligono”, stando così le cose, il computer mi chiederà più oggetti, e io mi dovrò ricordare di scrivere la lunghezza dei lati e il loro numero, le due cifre separate da uno spazio, in modo che il computer possa calcolare l'ampiezza degli angoli per ogni singola rotazione e disegnare in questo modo qualsiasi poligono regolare.
Ma se io non lo sapessi che devo indicare il lato e il numero?

Ecco, ora mi sta contagiando la natura “digitale” della programmazione, comincio a cercare il pelo nell'uovo, a farmi delle domande che prima probabilmente non mi sarei fatto!
Torno a guardare sullo sbrigativo manuale di quel LOGO antico se c'è un modo diretto, una istruzione primitiva che faccia anche specificare, nella richiesta di “più oggetti”, come si chiamano le variabili che mancano. Non la trovo, e quindi sarebbe da scrivere, mettendo assieme in modo congruo altre “primitive”. E qui servirebbe l'aiuto di un professore! Ma, da allievo, mi sento già abbastanza contento di essere riuscito, credo, a formulare in modo corretto il problema...

Molte altre versioni di LOGO sono state prodotte nel corso degli anni, per tutte le piattaforme informatiche.
Su Windows, MSW LOGO è un programma freeware sviluppato presso l'università di Berkeley, disponibile in inglese, tedesco, portoghese, giapponese (ma esistono anche riferimenti italiano). E' in grado di gestire il suono, il video e il multimediale e lo si può configurare anche con interfaccia grafica. Anche se l'ultima versione risale al 2002, sono state rilasciate riscrittura per Vista e Win 7, anche a 64 bit.
Omini in fila, cristina.01
Micromondi è un LOGO multimediale studiato specificamente per i bambini, che gira su Windows e (nelle ultime versioni) anche su Mac, a distribuzione commerciale, con interfaccia grafica, sviluppato in Italia da Garamond.

StarLogo ci riporta al mitico MIT di Boston, dove Papert cominciò negli anni Sessanta e con la sua tartaruga robot: «è progettato per aiutare gli studenti (e i ricercatori) a sviluppare nuovi modi di pensare e capire i sistemi decentralizzati. (…) permette di controllare centinaia di tartarughe grafiche in parallelo». Ne esiste anche la versione TNG, tridimensionale.

IperLogo, ideato in Italia dai Giovanni Toffoli e Giovanni Lariccia, vive attualmente soprattutto attraverso i “wiki” Iplozero e Qqstorie, dove gli utenti, soprattutto studenti, si scambiano e confrontano risorse, idee, progetti, realizzazioni.

venerdì 7 settembre 2012

Mirko and the Mantis

I'd got to ask a lot of things to Mirko, 7.5 years old. He and his her mother sent me 15 amazing shots of a Praying Mantis, taken a few days ago.
I'm going to put some of them into the Virtual Museum of Small Animals, but I'm also thinking about something like a story, that would be interesting to put on line, with the pictures, some written notes, and why not also Mirko's voice telling about his meeting with the insect.
Many people do not know, but today it can be very easy for anyone, technically, to obtain astonishing images using just our usual, cheap, “low level” devices. I read in the “properties” of the files that the mantis was shot with an “old” Nikon L16, that does not even have a “super”, but only an “ordinary” macro lens! It's above all a question of passion, patience, and will to try it!

I was thinking... too many times the “progress of technology” is only intended by the “common sense” as an easier and smarter way to deal with the same contents of ever, to “consume” data, information as before (reading the paper and to watching television on the cell, for instance).
But it is also very important, especially for teachers and educators (who are responsible for the young), to be aware that, in times when we are filling schools with interactive boards and digital tablets, many of the contents we manage in those devices, are not only to be taken from others, to be bought. But that students and we all can directly produce them: still and moving pictures, sounds, as well as multimedia (that are pictures, sound and text put together) with a good level of quality.
Mirko's mantis, also, help all of us to understand this simple, vital thing, to grow active citizens in the information society.
Bravo Mirko!

giovedì 6 settembre 2012

Pensiero digitale: il linguaggio LOGO 2


Prima di introdurre la seconda parte sul linguaggio LOGO, due parole sulla terminologia.

La prima volta che mi spiegarono la distinzione tra analogico e digitale fu all'università, e a parlare era Umberto Eco. E forse sarà tanto “pedigree” che mi rende insopportabile la leggerezza e l'approssimazione con cui il termine “digitale” viene usato oggi, all'interno di discorsi spesso tanto zeppi di ideologia quanto carenti di sostanza. E mi dà fastidio che sull'approssimazione sistematica qualcuno ci sguazzi, ci marci, ci faccia i soldi, lasciando gli altri nella confusione.
Dalla "LOGO Art Gallery"
Dunque, un sistema analogico è per definizione continuo, si basa sul più e sul meno, sulle quantità, le sfumature; non permette una netta separazione in singoli elementi ed è complicato da modificare. Un sistema digitale invece è discreto, basato sulla presenza o assenza (sì no, 0 1) e, una volta separato nei suoi singoli elementi, consente elaborazioni virtualmente infinite. La musica e l'arte sono tradizionalmente analogiche, così come il pensiero, le lingue, i sensi degli umani. I computer e gli aggeggi elettronici che usiamo oggi, dentro sono digitali, e il progresso della tecnica ha permesso di digitalizzare, cioè rendere discreti, separabili e quindi elaborabili, anche sistemi tradizionalmente analogici, come la musica, le immagini, i video.
Questo però non significa affatto per gli umani, come qualcuno sembra credere, lo sviluppo necessario né tanto meno automatico di particolari e innovative “competenze digitali”, dato che i contenuti digitali (dentro) a noi arrivano (fuori) secondo le consuete modalità analogiche, tradotti, decodificati, resi accessibili ai nostri sensi. E anche i gadget dell'elettronica, non a caso vedono la loro stagione di massima diffusione nel momento in cui adottano interfacce come il touch screen, (“digitale” nelle modalità d'uso solo nel senso che si usano le dita!) tendenzialmente istintive, naturali, corporee, sempre più metaforiche e analogiche nell'approccio utente!

Anche negli anni Ottanta, non si scherzava con l'ideologia. Nei convegni – con la stessa sicumera con cui oggi qualcuno parla di “nuove specie in via d'apparizione” perché vede marmocchi che giocano fin da piccoli con i telefonini! - c'erano i soliti “lungimiranti” che sentenziavano che chi non fosse stato capace di programmare, nella nuova società dei computer si sarebbe ritrovato analfabeta! E qualcuno aveva definito il linguaggio di programmazione BASIC come il «latino del futuro»!
Certo è che, i linguaggi di programmazione cosiddetti di “basso livello”, così come quelli strutturati (un po' meno il suddetto BASIC), quelli sì costringono (o aiutano, dipende dal punto di di vista), gli umani ad imparare, ad assumere un modo di pensare in qualche modo digitale.
E può non essere affatto, per la capacità di comprendere meglio il mondo in cui viviamo, una cattiva cosa.

Dalla "LOGO Art Gallery"
Il confronto tra il BASIC e LOGO può essere illuminante.
Prendiamo l'esempio di un programmino per disegnare un quadrato con il BASIC Microsoft MSX2, uno dei più potenti tra quelli di prima generazione (poi sono arrivati i BASIC anche strutturati, moderni, che sono un'altra cosa). Per brevità, alcune istruzioni complesse grafiche e sonore venivano sintetizzate con lettere dell'alfabeto.

10 SCREEN 2
20 LINE (50,50) - (100-100), 15, B
30 GOTO 30 
 
Dopo aver definito un modo di schermo grafico, date due coordinate, usando il colore 15 viene disegnato un quadrato (B sta per block, e vale solo all'interno dell'istruzione LINE). La riga 30, richiamando se stessa, serve a far rimanere il quadrato sullo schermo. In modo analogo, all'interno dell'istruzione DRAW (ma solo in questo "dialetto" BASIC) valgono la "U" di up, la "D" di down, la "R" di right , la "L" di left. Così, per disegnare un quadrato, si può anche scrivere:

10 INPUT A
20 SCREEN 8
30 DRAW "D=A;R=A;U=A;L=A;"
40 GOTO 40 
 
Dove i parametri di DRAW sono indicati sotto forma di una «stringa di caratteri» al cui interno è ammessa la variabile A (la dimensione del lato, racchiusa tra i segni «=» e «;»), che va immessa da tastiera. Il su, giù, destra e sinistra sono dal punto di vista, relativo ed «esterno», di chi guarda lo schermo.
Latino del futuro? Direi che, anche per quei tempi, ci voleva un notevole sforzo di ottimismo!

Nel LOGO il punto di vista è sempre e solo quello della “tartaruga” (il cursore sullo schermo). Per cui, indicando con il segno «:» la variabile «lato», per disegnare un quadrato si può scrivere un programma così, rigoroso, pulito, semplicissimo:

per quadrato :lato
ripeti 4 [avanti :lato destra 90]
fine

Direi che anche l'assoluto neofita, umanista irriducibile e tecnofobo, che leggendo le pur semplicissime tre o quattro linee di istruzioni BASIC qui sopra avrà probabilmente avuto una istintiva reazione di rigetto, di fronte a un programmino così, probabilmente qualcosa capisce, immagina e, trovando magari anche la cosa interessante, si ritrova come per magia a “pensare digitale”...

martedì 4 settembre 2012

Il trailer del gufo e i film con i bambini

Da ieri, dopo i trailer in catalano, inglese, coreano, del Senyor Pirotecnic gira in rete anche quello in italiano: Il Signor Pirotecnico può cominciare la... Da una vecchia scuola in una città in stato di shock, Valencia!
Protagonisti Jordi el Mussol (ma io forse lo avrei tradotto, perché “Jordi il Gufo”, per i bambini italiani suona con un altro impatto emotivo!), e gli alunni (tutti!) dell'istituto Teodor Llorente, scuola primaria. Da cui la necessità di grandi scene di massa!



Mi diceva Josep Arbiol che hanno lavorato tutto l'anno per realizzarlo, mentre io gli facevo vedere altre cose video con i bambini che invece erano state fatte in poche ore o anche meno e che, diversamente, però funzionano lo stesso. Perché non non esiste un modo “standard” di fare video con i bambini ma, affrontando l'avventura con la giusta apertura mentale, i bambini stessi , meno condizionati dalle “grammatiche” di quanto non siano mediamente gli adulti, spesso suggeriscono modalità diverse e originali che modificano, a volte trasformano i “generi”. Succede con il “documentario” sugli insetti fatto cercando nel cortile della scuola, così come con il “telegiornale” che improvvisano giocando, in mezz'ora, tenendo in mano in modo maldestro ma entusiasta la videocamera (tanto per rendere l'idea, quei 12 minuti, sono ricavati da quasi 4 ore di girato, per lo più invedibili!).
Terza elementare: panoramica con cavalletto a 4 mani!
Due gli errori principali su cui è opportuno intervenire:
1. se si usa la macchina (fotografica, video o telefonino che sia), come si guarda con gli occhi, poi a rivedere viene il mal di mare! Ma funzionano, eccome funzionano con i bambini le “lezioni” di cavalletto per riprese ferme naturalmente “perfette” e della giusta durata: dopo mezz'ora, anche con la macchina a mano non sbagliano più!
2. Se si lasciano “liberi” i bambini e i ragazzi di “scegliere” un soggetto per il loro film, immancabilmente come prima risposta copieranno in modo piatto e banale qualcosa che hanno visto in televisione. Ci vuole una forte autorità adulta che “imponga” (non per forza ovviamente, ma attraverso tecniche di animazione) ai ragazzi di evitare gli stereotipi e – sembra paradossale, ma non lo è affatto, è normale pratica educativa - li aiuti a uscire dai luoghi comuni e a ritrovare dentro di sé la motivazione, il gioco, l'immaginazione, l'ironia. A quel punto, se anche si ispireranno a TV, cinema, videogiochi, lo faranno con tutt'altra grinta ed efficacia, non adeguandosi a modelli esterni ma trasformandoli intelligente attraverso il gioco, contenti e stupiti di loro stessi!
Abbiamo in programma di organizzare piccole rassegna di film di bambini, con El Senyor Pirotecnic, ma anche lo splendido Spirit Ship di Kristin B. Eno e alcune cose nostre recenti e inedite, e altre che andremo facendo. Josep ha detto che ci sarà. Kristin potremmo farla venire, che vuole vedere da vicino la scuola dell'infanzia italiana. Qualche luogo dove proiettare già l'abbiamo, e se altri se ne offrono...

lunedì 3 settembre 2012

Pensiero digitale: il linguaggio LOGO 1

Tra i compiti delle vacanze che non sono riuscito a fare c'era anche, all'interno di una serie di progetti in via di definizione, tornare a giocare con alcune versioni del LOGO, il linguaggio di programmazione per bambini che ebbe un certo seguito nei lontani anni Ottanta, quando per “cultura digitale” non si intendeva ancora scaricare dal web temi e suonerie per il telefonino!
Problemi miei di “overbooking” a parte, in tempi in cui a una apparente corsa sfrenata in avanti della tecnologia delle comunicazioni corrisponde un reale irrigidimento tra gli umani della capacità di comunicare, confrontarsi, progettare insieme (cioè, non sappiamo usare bene gli strumenti digitali, ma nemmeno il nostro cervello, basta vedere come gestiamo a livello mondiale la crisi economica!) forse l'idea di provare definire alcuni punti fermi, possibilmente evitando la pressione del mercato, non sarebbe male.
Dalla "LOGO Art Gallery"
E il LOGO può rivelarsi uno spunto di riflessione interessante.
Sul mio blog “Bambini Oggi” ne avevo scritto, ma da circa un mese tutti i miei 944 articoli sotto la bandiera del network Blogosfere sono, per scelte redazionali, irraggiungibili. Così, inizio oggi proprio con il LOGO e recuperare alcune cose, tra quelle meno legate all'attualità, che credo mantengano ancora un certo interesse generale.

Avevo dunque, e ho ancora il LOGO su cartuccia che girava sugli "home computer" MSX. Più dinamico della versione monocromatica MS Dos che ebbe una certa circolazione nelle scuole italiane, gestiva 16 colori, 2 canali sonori e soprattutto il movimento. Comandava fino a 30 tartarughe che potevano assumere ognuna una forma diversa, e si potevano programmare i loro spostamenti e anche gli «scontri».
Trovato il dischetto dove avevo salvato i dati, controllo sul manuale le istruzioni primitive, in italiano, scritte per esteso o abbreviate (vt = via testo; rg = ripristina grafico, ecc.), attacco il vecchio home computer e, dato che esce con un segnale video PAL, come la TV, provo a registrare un po', fino a quell'antico abbozzo di videogioco. Ahi! Non va! La tartaruga nera doveva essere comandata dal joystick e attraversare schivando il traffico, e invece è andata «diritta al cuore»! Evidentemente avevo sbagliato qualcosa.


Il LOGO è un linguaggio di programmazione strutturato.
Ideato presso il mitico MIT da Seymour Papert, allievo di Piaget, ancora negli anni '60, con il fine insegnare la matematica e la geometria ai bambini come una lingua naturale, in origine permetteva di programmare i movimenti di una tartaruga robot. Poi è stato portato sui personal computer. A partire da una serie di istruzioni primitive che - a differenza di altri linguaggi anche popolari come il BASIC, non sono solo in inglese ma disponibili nelle diverse lingue - consente di definirne di sempre più complesse, che «incorporano» le precedenti e che il computer impara. Fino alla realizzazione di veri e propri programmi che, come quelli «veri» utilizzano routine che possono venire tranquillamente portate da un software a un altro.
Con il LOGO, i bambini e ai ragazzi non solo sperimentano la possibilità di «impartire ordini» alla macchina, ma anche sono costretti a pensare in modo preciso, ordinato e logico, davvero «digitale», se no il computer non capisce. Quando un comando è sconosciuto, o manca qualcosa, il LOGO te lo dice: «non so cosa fare con....», oppure «destra vuole più oggetti» (cioè, bisogna specificare di quanti gradi la tartaruga deve girare). E basta una istruzione approssimativa per produrre risultati assolutamente strampalati. Nel mio video, per esempio, quando lanciando il programmino «incidente» vedo che le tartarughe si inciampano l'una nell'altra, è perché probabilmente l'orientamento era rimasto condizionato da un comando precedente e così, per ottenere il risultato che voglio, dovrei aggiungere al programma una riga in cui gli si ricordi di ripristinare sempre la situazione iniziale: "rg = ripristina grafico"! In questo caso, per brevità, l'ho fatto da tastiera.