Ci
sono aspetti
della globalizzazione
che non richiamano necessariamente a scenari inquietanti, economici e
politici. Incontri
che in realtà sono sempre avvenuti nella storia, tra umani
di provenienza diversa,
capaci di comunicare, intendersi, collaborare oltre
le barriere
etniche e linguistiche, oggi possono avere, rispetto al passato,
occasioni molto maggiori e tempi molto più rapidi.
Già
ho accennato qui al bell'incontro
pochi giorni fa dalle parti di Brescia, nei laboratori video
tra i bambini e i ragazzi serbi e quelli italiani (ma in un gruppo,
per un curioso ma significativo concorso di circostanze, gli
“italiani” non figli di immigrati erano 2 su 15!)
E
oggi sono qui che sto
guardando i video
che mi sono appena arrivati,
realizzati dai bambini dell'Avana
Vecchia
durante un laboratorio condotto da Maira
Samada Guerra, di
cui io sono “consulente” a distanza.
Volendo,
oggi
si può fare rete in modo significativo e produrre
dal basso,
a costi quasi irrisori.
E la battaglia
tutta politica
è proprio farlo capire alla gente,
abituata,
nei nostri paesi dove la tecnologia si identifica in larga misura con
le suggestioni del mercato, quasi
solo a consumare.
A
Cuba, almeno quello del consumo è un problema che per ora si
pone relativamente. I bambini però conoscono la TV e
sono molto pronti, come in diverse occasioni ho
potuto verificare di persona, ad usare il video e il computer
in modo appropriato ed efficace.
Nei
brevi documentari, nonostante il lavoro principale di Maira
sia la televisione, l'aspetto tecnico non è enfatizzato, ma ci si è
preoccupati soprattutto che i bambini utilizzassero il mezzo per
raccontare la realtà che conoscono, il loro ambiente di vita,
i luoghi, le persone, le attività. Ci sono riprese stilisticamente
“corrette” e altre più mosse e apparentemente casuali, ma sempre
all'interno di un piccolo apparato di produzione completo e
consapevole: assistenti alle riprese, sonorizzazione e musica,
montaggio, ringraziamenti. Una bambina o un bambino firmano la
sceneggiatura, le riprese e la regia, dopo che sono andati con il
video a osservare il loro mondo reale, la casa, la famiglia,
la scuola, lo sport.
Il
video cioè innanzitutto come uno strumento
facile, economico e potente per conoscere meglio se
stessi e la propria realtà. Che è poi quello che potrebbe e credo
dovrebbe essenzialmente essere oggi, almeno da un punto di vista
educativo, più che un linguaggio a parte da “imparare” (come
era necessariamente in passato, quando era tecnicamente inaccessibile
alle persone comuni), o un facoltativo attrezzo da “tempo libero”
(della cui potenza siamo del tutto all'oscuro, anche quando lo
maneggiamo tutti i giorni, senza coscienza e senza ambizione).
Per
i bambini soprattutto, meno condizionati degli adulti da
incrostazioni ideologiche, è un mezzo straordinario per conoscersi
anche da lontano, attraverso ambienti e paesi diversi. Perché
poi poche cose interessano i bambini veri in un video che vedere
altri bambini veri. E' una cosa che verifico
personalmente con assoluta regolarità da
oltre 30 anni, e che purtroppo non sta nel senso comune,
e nemmeno in tanta letteratura “ufficiale”. Forse perché nella
televisione “normale”, i bambini veri siamo abituati da sempre a
non vederli quasi mai!
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