martedì 3 luglio 2012

Somos documentalistas: i video dei bambini dall'Avana


Ci sono aspetti della globalizzazione che non richiamano necessariamente a scenari inquietanti, economici e politici. Incontri che in realtà sono sempre avvenuti nella storia, tra umani di provenienza diversa, capaci di comunicare, intendersi, collaborare oltre le barriere etniche e linguistiche, oggi possono avere, rispetto al passato, occasioni molto maggiori e tempi molto più rapidi.
Già ho accennato qui al bell'incontro pochi giorni fa dalle parti di Brescia, nei laboratori video tra i bambini e i ragazzi serbi e quelli italiani (ma in un gruppo, per un curioso ma significativo concorso di circostanze, gli “italiani” non figli di immigrati erano 2 su 15!)
E oggi sono qui che sto guardando i video che mi sono appena arrivati, realizzati dai bambini dell'Avana Vecchia durante un laboratorio condotto da Maira Samada Guerra, di cui io sono “consulente” a distanza.
Volendo, oggi si può fare rete in modo significativo e produrre dal basso, a costi quasi irrisori. E la battaglia tutta politica è proprio farlo capire alla gente, abituata, nei nostri paesi dove la tecnologia si identifica in larga misura con le suggestioni del mercato, quasi solo a consumare.

A Cuba, almeno quello del consumo è un problema che per ora si pone relativamente. I bambini però conoscono la TV e sono molto pronti, come in diverse occasioni ho potuto verificare di persona, ad usare il video e il computer in modo appropriato ed efficace.
Nei brevi documentari, nonostante il lavoro principale di Maira sia la televisione, l'aspetto tecnico non è enfatizzato, ma ci si è preoccupati soprattutto che i bambini utilizzassero il mezzo per raccontare la realtà che conoscono, il loro ambiente di vita, i luoghi, le persone, le attività. Ci sono riprese stilisticamente “corrette” e altre più mosse e apparentemente casuali, ma sempre all'interno di un piccolo apparato di produzione completo e consapevole: assistenti alle riprese, sonorizzazione e musica, montaggio, ringraziamenti. Una bambina o un bambino firmano la sceneggiatura, le riprese e la regia, dopo che sono andati con il video a osservare il loro mondo reale, la casa, la famiglia, la scuola, lo sport.
Il video cioè innanzitutto come uno strumento facile, economico e potente per conoscere meglio se stessi e la propria realtà. Che è poi quello che potrebbe e credo dovrebbe essenzialmente essere oggi, almeno da un punto di vista educativo, più che un linguaggio a parte da “imparare” (come era necessariamente in passato, quando era tecnicamente inaccessibile alle persone comuni), o un facoltativo attrezzo da “tempo libero” (della cui potenza siamo del tutto all'oscuro, anche quando lo maneggiamo tutti i giorni, senza coscienza e senza ambizione).
Per i bambini soprattutto, meno condizionati degli adulti da incrostazioni ideologiche, è un mezzo straordinario per conoscersi anche da lontano, attraverso ambienti e paesi diversi. Perché poi poche cose interessano i bambini veri in un video che vedere altri bambini veri. E' una cosa che verifico personalmente con assoluta regolarità da oltre 30 anni, e che purtroppo non sta nel senso comune, e nemmeno in tanta letteratura “ufficiale”. Forse perché nella televisione “normale”, i bambini veri siamo abituati da sempre a non vederli quasi mai!

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