Rileggo
la notizia:
«Il
Ministero quest’anno darà un tablet ad ogni classe
per la gestione del registro elettronico, della comunicazione.
Partiamo con scuole medie e superiori, l’obiettivo è creare una
filiera complessiva” perché il tablet“ è lo
strumento del futuro,
l’equivalente di ciò che nel passato è stato il libro».
Prego?
La comunicazione di che, a chi? E come funzionerà la cosa? I ragazzi
– 30 per classe! - si passeranno uno per uno la magica tavoletta
per toccarla e ricevere la “comunicazione”? E che
cosa c'entra il registro
elettronico con il
libro?
E la “filiera”? Siamo all'ortofrutta 2.0?
Sembra
che stiamo assistendo al solito
pasticcio molto italiano
in cui con la paroletta magica si vuole dare l'impressione di dare
una risposta “aggiornata” ai problemi della scuola, e nessuno sa
davvero di che cosa si sta parlando.
Ricordate
le precedenti “rivoluzioni”? Gli audiovisivi,
e
poi le aule
informatiche,
e appena ieri le
LIM?
Adesso i tablet! Ovvero,
come riempire la scuola di
tecnologia in modo
totalmente approssimativo, ideologico e inutile!
Non
sto qui a parlare degli edifici
fatiscenti, degli
insegnanti precari
e frustrati, dei ragazzi
demotivati, dei dirigenti
“manager” che non
riescono ad avere indietro dallo stato milioni di euro “anticipati”
negli anni dalle scuole. Questi sono problemi grossi, e certo non si
risolvono con un tablet
(che in inglese, per chi lo conosce, vuol dire pastiglia,
medicina!)
Parliamo
invece di bambini e
ragazzi che –
dall'infanzia alle superiori, io l'ho verificato costantemente (sarò
l'unico?), da decenni - quando riesci a coinvolgerli
e a farli giocare, pensare
e immaginare con
le parole,
i numeri,
le scienze,
l'arte grafica,
il teatro,
la musica,
il disegno,
la tecnologia
quale che sia, sempre (ripeto la domanda: sono l'unico ad averlo
visto?) rispondono con partecipazione, voglia
di fare, spesso vero e
proprio entusiasmo.
Perché il loro problema
principale – banalissimo, lo ripetono da sempre gli psicologi ma la
scuola come istituzione non ne tiene conto - è di potersi esprimere
ed essere ascoltati.
Persone che non vivono la scuola come un ambiente estraneo,
renderanno poi meglio
anche nell'apprendimento
e useranno con proprietà la tecnologia che serve (che non
necessariamente deve essere quella più di moda!?
Caro
signor Ministro, il tablet sarà il “libro” del futuro. Ma la
differenza con il passato
è che non da oggi, ma da qualche decennio ormai, i libri, come i
film, la televisione, la fotografia, i giornali e in definitiva tutto
quel mondo di comunicazione
in cui i ragazzi di oggi nascono, non solo chiunque
lo può consumare, ma
anche direttamente
fare.
A questo servirebbero i
computer, e sembra che da
30 anni la preoccupazione
più grande, diciamo del
“sistema”, è di non
farcelo capire! Con i
computer ognuno
di noi può assemblare in modo “professionale” quei contenuti
che poi con aggeggi più agili come i tablet, i telefonini o altro,
possono ancora più facilmente essere diffusi e condivisi. Quello che
conta ed è significativo però non è l'aggeggio, ma i contenuti;
non la possibilità non solo di accesso, ma di produzione!
Credo
fermamente che uno dei
problemi grandi delle nuove generazioni oggi
– ancora prima che si ritrovino senza un lavoro e senza speranza
nel futuro – sia da
bambini intuire la possibilità grande
di essere anche loro, fin da piccoli, usando mezzi digitali intuitivi
e facilissimi, protagonisti
possibili della società dell'informazione,
e poi ritrovarsi in una scuola
e in una società
che sistematicamente
deprimono le loro
intuizioni e il loro entusiasmo e li addestrano unicamente al ruolo
di beoti e passivi
consumatori, condannati a
non poter scegliere.
Senza
esagerare con le generalizzazioni, il
percorso dei nostri figli,
dai 5 ai 18 anni, va spesso dall'entusiasmo
alla noia. Con
conseguenti ricadute sociali a volte pesantissime, dal bullismo
alla droga.
E il
ministro alle classi regala un tablet, perché è il libro del
futuro!
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