Qualche
tempo fa stavo pedalando sulla ciclabile per Botticino
Mattina, là dove la pista per una cinquantina di metri si
inerpica arrotolandosi come una scala a chiocciola e non permette di
proseguire di slancio. Se non hai il cambio, devi scendere e farla a
piedi, e se ce l'hai devi scalare un po' di rapporti per poter
superare il punto in agilità.
C'è
una signora anziana che scende tenendo la bicicletta a mano,
speriamo che mi lasci lo spazio per passare... Lei mi guarda ed
esclama: “Forza giovani!”
“Oddio,
tanto giovani proprio non direi!” e intanto ci scappa un piccolo
sorriso, di saluto alla signora, ma anche di compiacimento, perché
sono ormai in quell'età in cui certi commenti fanno comunque
piacere!
Qualcosa
di simile anche qualche giorno prima, su per il colle
San Giuseppe, zona nord di Brescia, una salita non lunga
ma con i suoi perché, diversi cambi di pendenza e alcuni tratti
duri. Ho ripreso un po' di fiato e vedo l'ultimo tornante.
Vado su tranquillo, perché non voglio arrivare in cima con il cuore
in gola: chi me lo fa fare?
Sento
una voce che dice qualcosa come: “Stai andando su piano,
eppure sei giovane!” Poi il signore anziano sulla bici da corsa mi
affianca, mi guarda e si corregge: “Beh, non proprio tanto giovane!
Forse però più di me!”
Sono
indeciso se compiacermi per l'apprezzamento del mio lato B ciclistico
o il deprezzamento della mia faccia, mentre il tipo prima mi
supera di slancio e poi rallenta, proprio all'attacco dell'ultima
impennata. Gli stavo dicendo che la sua bicicletta pesa comunque la
metà della mia, quando lui mi chiede se ho il
cardiofrequenzimetro.
Il dottore – mi spiega –
gli ha detto di non superare mai un certo numero di battiti. Lui
ha 75 anni ed è importante in bici non chiedere troppo al
proprio fisico: un accessorio indispensabile!
Mi
viene da fare una considerazione. Avere i dati precisi del tuo
cuore sotto sforzo è senz'altro utile al dottore che ti
segue; può servire anche a chi fa sport agonistico per
confrontare le prestazioni ai diversi livelli di allenamento, o
magari anche in gara. Ma che occorra un aggeggio elettronico per
sapere che ti stai sforzando troppo... se ci si pensa, è abbastanza
assurdo! E' il tuo corpo, cribbio! Non sai ascoltarlo?
Io
prima avevo il fiato grosso quando la pendenza era forte, e
così sono andato avanti piano quando la strada ha spianato,
per recuperare un ritmo più tranquillo. Sull'ultima impennata, ho
gestito la cosa in modo che non mi tornasse il fiatone, tanto è vero
che sono riuscito a fare tranquillamente conversazione con quel
signore. Cioè, ho fatto esattamente quello che a lui aveva
consigliato il dottore, anche senza il cardiofrequenzimetro.
Che certo può essere di aiuto, ma non dovrebbe sostituire la nostra
capacità di ascoltare il proprio corpo.
Intendiamoci,
può essere interessante ripercorrere poi al computer, con i
percorsi, la velocità, le salite le discese, anche tutta la
storia del proprio cuore in allenamento, con quei programmi
che registrano tutto sul telefonino! Così come sono accessori utili
quei contapassi
al collo o al polso che alcuni di noi eleggono a sorveglianti attenti delle
loro vite sedentarie. Ma si aprono anche
possibili scenari inquietanti di esseri dipendenti dalle
estensioni digitali, incapaci di autonomia sensoriale: non solo i giovani che senza navigatore satellitare in
macchina si perdono, ma anche i vecchi che sentono la necessità
di aggeggi elettronici per controllare il proprio cuore.
Altro che“gap” tra le generazioni! Dai 15 agli 80, potremmo tutti
tendenzialmente ritrovarci deprivati digitali!
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