L'altro
giorno a portare l'omaggio in Piazza
della Loggia ci si è andati con le biciclette
dell'ANPI, sfidando la pioggia e toccando poi altri luoghi
cittadini di altri martiri uccisi dai fascisti, nell'aprile 45. E
oggi sono 28 anni esatti dalla strage di Brescia. Che fu unica
e diversa, negli anni della strategia della tensione, perché
non fu fatta scoppiare nel mucchio - una banca, un treno, una
stazione, non importa chi si colpisce, purché sia morte, terrore –
ma espressamente diretta contro un obiettivo politico, il
movimento sindacale che manifestava contro il fascismo.
Analogamente, politico potrebbe essere – quando e se capiremo che
cosa è successo - il movente dell'attentato
di Brindisi, contro gli studenti, la scuola, forse non a
caso una delle istituzioni che in questi anni, certo non in modo così
cruento – in Italia in particolare è sotto attacco da parte di
quelle forze che della società vorrebbero fare un unico onnipotente
mercato, dove l'interesse privato sia l'unica legge possibile.
A
Brescia quella volta fu diverso, radicalmente. La città ferita
non fu, come di solito capita in questi casi, presidiata, occupata,
militarizzata. Polizia e carabinieri, poco presenti durante la
manifestazione e prontamente accorsi subito dopo, insieme con gli
idranti dei pompieri che con il sangue spazzarono via anche le prove
dell'attentato, furono allontanati dalle vie e dalle piazze e,
caso unico nella storia repubblicana, per tre giorni, fino ai
funerali, l'ordine in città fu mantenuto dalle organizzazioni
sindacali. Un presidio democratico, partecipato, popolare, di
massa, come risposta al terrorismo.
Curioso
che gli anni Settanta vengano ricordati così spesso come gli “anni
di piombo” e così poco come gli “anni
della partecipazione”, che pure confusa, a volte caotica,
portò idee, cambiamento, speranze.
D'altra
parte - e forse non a caso siamo rimasti senza speranze! - ci siamo di nuovo abituati, come spesso è stato nella
storia, fin dai tempi più antichi, ad affidare, delegare in
pratica il nostro destino a singole, carismatiche persone:
sorridenti papà delle televisioni che identificano se stessi
con il mondo; rozzi e improvvisati druidi celtici che lottano
per la libertà di patrie che non esistono; immacolati fustigatori di
costumi (castigat
ridendo mores!) che registrano il marchio del loro movimento,
come la Coca Cola!
Vorrei
dirlo ai bambini, proprio a partire dalle beghe, dai tramini, dal
piccolo cabotaggio del potere che ormai sembra avvelenare tanta parte
della nostra società – partiti, sindacati, associazioni,
cooperative, e perfino tanti movimenti spontanei – e che ti fa
passare ogni voglia. Queste cose ci sono sempre state e sempre
saranno un problema della vita civile. Ma diventano l'unica regola
quando li si lascia soli, i maneggioni, senza controllo, senza
partecipazione.
Che è la vera, profonda essenza della democrazia.
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