giovedì 23 aprile 2015

Le uova della forbicina

Altro articolo ripubblicato, a distanza di quasi  sei anni, ma il video è ancora lì, attuale.

In una vecchia scuola elementare di Brescia, vicino al cancelletto che separa il parcheggio dall'ingresso, i bambini hanno sollevato un sasso alla base di un muro.
Una forbicina femmina (si riconosce dalle forbici dritte, mentre quelle dei maschi sono ad arco, come nella foto qui a fianco (il poverino aveva perso una zampa!), e i bambini ormai distinguono al volo) è lì con le sue uova, improvvisamente portate allo scoperto. Così ci capita di filmare una scena di “cure parentali” da parte di un insetto, che incomincia a trasportare le uova dentro in un buco, lontano dalla luce e dai pericoli... ma poi forse si perde anche un po', le uova sono tante, ne prende uno con la bocca, lo lascia, ne va a recuperare un altro... Commenti affascinati dei pochi bambini intorno.

Ho poi montato questa scena insieme con altre immagini di forbicine sempre trovate dai bambini e l'ho messa su YouTube. E se si cercano con Google i video della Forficula auricularia, ecco che il nostro è lì, insieme con pezzi di documentari della BBC. I loro sono più belli, ma noi lo abbiamo girato in pochi minuti, con mezzi alla portata di tutti.


martedì 21 aprile 2015

Quei bambini che facevano il TG

Ogni tanto, in questo blog ripubblico, per almeno un paio di ragioni.
La prima è perché – come ogni tanto devo ricordare – tutti i 944 articoli del mio precedente blog professionale “Bambini Oggi” sono inaccessibili, in quanto irreversibilmente reindirizzati.
Le seconda è che ogni tanto mi piace mettere in rete le voci dei bambini, i quali, se non vengono intervistati da Walter Veltroni, notoriamente non li ascolta nessuno.
E a tutti quelli che a quella prima cinematografica hanno ammirato e si sono stupiti, vorrei ricordare che siamo in tanti che, per professione e spesso con competenza, da molti anni raccogliamo qui e là nel mondo e anche pubblichiamo le idee e i pensieri dei bambini che incontriamo. Se vogliono leggere e vedere, ci sono tanti libri e tanti video, che se la gente li conoscesse, poi tutti non crederebbero a panzane come quella dei “natividigitali”, né sarebbe così facile per i governi periodicamente inventarsi riforme della scuola in cui i bambini veri il più delle volte non vengono neanche presi in considerazione.

Quello che riprendo qui è un’esperienza di alcuni anni fa, a Cagliari, durante il festivaldi “Tuttestorie”, con la bella foto di AndreaMameli. 11 gruppi di 5 bambini, durante 3 pomeriggi, con due macchine da presa a disposizione in grado, all'occorrenza, di scrutare nella notte (faretto e visione e infrarossi). Si trattava in 35 minuti di cercare di capire come si usa una videocamera, guardarsi intorno tra gli accadimenti e i laboratori del festival e al volo fare un telegiornale.
A differenza di quanto si crede, i bambini di oggi non hanno generalmente idea di come si fa un video e anzi commettono gli stessi errori dei loro nonni con il Super 8, dove la loro enorme “cultura latente” di telespettatori va recuperata e sollecitata a osservare alcuni, minimi ma niente affatto scontati, elementi di “grammatica” (la videocamera che va tenuta ferma anche quando si muove, gli stacchi, i cambi del punto di vista!). Dopo, ma solo dopo, imparano molto in fretta!

In questo caso, 12 minuti decenti erano venuti comunque fuori, da non mi ricordo quante ore di riprese!


mercoledì 8 aprile 2015

Il tempo per il pensiero degli altri…

Forse un giorno, se da un gradino superiore della storia qualcuno sarà in grado di dare un giudizio sulla nostra epoca, parole ricorreranno come dispersione, spreco, occasioni perdute.
Evitiamo di ripetere i soliti discorsi sulla disponibilità ipertrofica di risorse tecnologiche da cui siamo sommersi, che ogni pochi mesi si rinnovano, si moltiplicano, si rottamano, col risultato che in realtà non impariamo mai a usare niente e la nostra vita non solo non si arricchisce e non migliora, ma si appiattisce in un sempre più passivo seguire la corrente del consumo, unica possibile soluzione all’impossibilità di tenere dietro al vortice di apparenze che ci abbaglia.
Evitiamo anche i discorsi sulla retorica e l’ideologia integralista della “fine delle ideologie”, dove il pensiero dominante unico del “così va il mondo” induce i più a identificare l’attuale fallimentare e agonico sistema di mercato come l’ordine naturale delle cose, fuori da qualsiasi prospettiva storica e da qualsiasi ragionamento critico.

Quello che spesso oggi manca in modo devastante, quando si cerca di costruire qualcosa, è la considerazione vera del pensiero degli altri. Cioè, quel condividere idee e opinioni in più di una persona, in modo che a un certo punto ne risultino altre idee e altre opinioni, che non diano solo una somma, ma una sintesi superiore in cui le persone che a quella elaborazione hanno partecipato si possano riconoscere con soddisfazione.
È ciò che di solito non succede nei convegni e nei festival, che sono per lo più passerelle, vetrine, in cui non c’è mai il tempo per parlare veramente con gli altri.

Anche in rete, tantissimi comunicano le cose che pensano e che fanno, utilissime, bellissime. Le espongono come sugli scaffali di un supermercato planetario, e lì raccolgono consensi e critiche, polemiche accese e tantissimi “mi piace” (che sembra il massimo del “successo”!). A volte si crea l’occasione per dibattiti accesi e momentaneamente vivacissimi, che regolarmente non lasciano segno alcuno, e la volta dopo si ricomincia da capo.
Ma pochissimo è lo spazio in rete dove si osservano storie che crescono, o si sviluppano progetti che, oltre il gran darsi da fare dei singoli, o dei gruppi già strutturati, richiedano un impegno comune, una assunzione di responsabilità collettiva per inventare insieme qualcosa di nuovo, quello che manca, quello di cui tutti si lamentano che non c’è. Per imprese di questo tipo, generalmente “non c’è tempo”! Ma se passi metà della tua vita a pubblicare su facebook?

Inutile! Per fare davvero i conti con il pensiero degli altri, oltre i “selfie” e la ricerca anche platonica di consensi, non c’è tempo (pure se il tempo potrebbe essere poco e potremmo sceglierlo noi)  e non c’è modo, a prescindere!
Forse è un interiorizzato e profondo senso della competizione, per cui gli altri sono visti comunque come pericolosi concorrenti; forse è il risultato di delusioni personali e collettive, quando il mondo sembra scivolare in una direzione tanto diversa da quella che vorremmo, e allora proseguire soli e sconfitti è quasi una consolazione; forse ci ha estenuato la rincorsa al troppo veloce “progresso” tecnologico, di cui fatichiamo a cogliere il senso (e infatti, complessivamente, non ha un senso, o meglio, lo avrebbe se non fosse prevalentemente orientato al marketing!)

Se fossi uno di quelli che credono che la storia a un certo punto, quando noi siamo stanchi, si ferma, direi e forse scriverei: «Hanno vinto loro!»

Ma la storia va avanti, indipendentemente dal nostro impegno o opinione, e come sarà domani dipende anche dai pensieri e, soprattutto, dalle azioni di ognuno di noi.