giovedì 22 novembre 2018

La tecnologia e la nuova generazione di cittadini attivi, capitolo 1

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All’alba della rivoluzione digitale: problemi e e speranze di un mondo globalizzato

Questo è il secondo di sette articoletti, il primo per l’introduzione e l’altro per i sei capitoli, in cui provo a sintetizzare il libro Technology and the New Generation of Active Citizens, che ho pubblicato a gennaio di quest’anno. A parte la piccola promozione personale, mi piacerebbe raccogliere qui qualche commento, critica, parere interlocutorio, anche se so che sarà difficile, perché i più preferiscono oggi, se mai, limitarsi a un “like” o a qualche parola sui social networks commerciali, ormai luoghi di incontro e di confronto preferiti, che tutto ingoiano e mescolano in un pastone indistinto: idee, esperienze, barzellette, notizie, sport, relazioni umane, cultura, politica. I personaggi pubblici affermano senza vergogna di non leggere i giornali e gli spazi come i blog, in cui ognuno può davvero pubblicare discorsi compiuti e non solo accenni o pillole di ragionamenti, tra una pubblicità e l’altra, vengono considerati obsoleti, come i dischi ottici e il pensiero libero, in un tempo in cui le app monouso rischiano di uccidono la rete e l’autonoma iniziativa delle persone.
Dunque, dopo il titolo del capitolo primo, qui in apertura, ecco il suo “abstract”.

«Le nostre società sono dipendenti dalla tecnologia, nel loro funzionamento profondo e nelle abitudini quotidiane delle persone comuni, che consumano avidamente app e dispositivi. Un’ideologia orientata dal mercato invecchia però le cose molto rapidamente e tende a far svanire la memoria del passato, anche recente, tanto che molti vivono come sospesi in un continuo presente, proiettati verso un futuro di fantasia, senza radici e prospettive. Anche il panorama di consumi a breve è un ostacolo ad affrontare come cittadini consapevoli e attivi i punti economici, sociali e politici di crisi, a livello locale e globale, con conseguenti disagi sociali, paura e insicurezza. Tornare agli anni in cui la storia è incominciata, osservare le diversità e analogie dal presente, può essere utile per capire meglio il nostro tempo, usare la tecnologia con più consapevolezza e forse scoprire nuovi o "vecchie" soluzioni ad alcuni problemi e vivere una vita migliore».

La storia comincia negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso quando, a suoi albori, già emergono alcuni aspetti contraddittori della società dell’informazione. Herbert Marcuse, nel suo “L’uomo a una dimensione” anticipa il problema attuale del “pensiero unico” e Marshall McLuhan, con lo slogan “il medium è il messaggio”, ben descrive il popolo degli odierni adoratori di “devices”. Rispondono soprattutto i giovani, con una musica ribelle non a caso suonata e ascoltata ancora oggi, e poi con le lotte degli studenti. Ma anche altri movimenti cambiano profondamente la nostra cultura, le donne soprattutto, e perfino i bambini (chi si ricorda in Italia l’animazione teatrale, per un decennio all’avanguardia nel mondo?) suggeriscono nuovi punti di vista e nuovi possibili valori. Gli insegnamenti dei grandi educatori e anche certe pratiche di base possono essere forse importanti non solo per la scuola, ma per l’insieme della società, anche se in quei tempi ancora sono limitati gli strumenti tecnologici alternativi ai grandi mezzi di comunicazione di massa.

Paolo Beneventi

> Capitolo 2

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