Ci
pensavo. Si parla sempre di una scuola arretrata, contrapposta a una
società che si sviluppa in modo sempre più tumultuoso. Eppure
proprio la scuola tradizionale, da un certo punto di vista, ha
anticipato nel tempo la società attuale dell'usa
e getta digitale. Cioè, un contesto in cui le attività
umane, gli sforzi intellettuali, l'intelligenza e l'impegno delle
persone, si muovono principalmente e clamorosamente attorno solo a se
stessi, al vuoto, senza produrre nulla!
Nella
scuola tradizionale ogni sforzo non doveva avere risultati, se non la
riconferma che il sapere dato, definito
a priori e uguale a se stesso, era passato
dall'insegnante agli allievi. E nei social network, di
norma, tutto quell'arrabattarsi e “postare” pure non mira ad
avere risultati, se non a confermare la presenza dei diversi
protagonisti in rete: sei su facebook, su twitter, su google +,
incrementi il tuo punteggio
klout! Mentre il mondo vero, l'economia, la politica, il
pensiero progettuale, scorrono inesorabilmente altrove.
Proprio come a scuola!
In
tempi in cui, dopo la fastidiosa e potenzialmente destabilizzante
invasione dei personal
computer, il “rinnovamento” della scuola
sembra procedere attraverso l'introduzione di oggetti digitali
tranquillizzanti, come libri
e lavagne, e l'impotenza delle persone comuni viene
santificata dal loro concentramento in luoghi virtuali
assolutamente inoffensivi (al di là di certe suggestioni
interessanti, non si fanno le rivoluzioni con i “tweet”!), nella
scuola come nella società della rete un uso diverso e
alternativo delle risorse non solo è tecnicamente possibile,
ma potrebbe da subito ribaltare questo stato di cose, in cui domina
una ideologia dominante in superficie ma debole nella sostanza.
Nella
società, attraverso modalità efficaci di condivisione e un
difficile affrancamento intellettuale dai temi e dai modi della
cultura televisiva introiettata per decenni e tuttora prevalente, un uso intelligente e
appropriato di risorse oggi alla portata di tutti potrebbe davvero
portare a una gestione
dal basso dell'informazione senza precedenti.
Discorso complesso, ma che dovremmo finalmente incominciare a fare
davvero, oltre gli slogan e l'ideologia.
Nella
scuola basterebbe molto di meno, un piccolissimo passo che
sarebbe già una rivoluzione. Invece di guardare sempre fuori
a magici aggeggi che arrivando finalmente risolverebbero le
cose (sono molti decenni che la scuola periodicamente confida in
magici aggeggi, che regolarmente falliscono, fino alla comparsa del
prossimo magico aggeggio, che sarà sicuramente quello buono!), si
potrebbe cominciare a guardare con intelligenza dentro, a quello
che nella scuola effettivamente si fa. Oltre la variabilità dei
programmi ministeriali e delle prove di valutazione, nella scuola ci
sono umani che vivono e producono
cultura, spesso ad ottimi livelli, e una inversione
copernicana rispetto alla cultura fallimentare dell'usa e getta
sarebbe proprio cominciare sistematicamente a tenere memoria di
questa produzione, non buttare via tutto ogni anno per
ricominciare sempre da capo, dare l'opportunità a bambini e
ragazzi, lavorando su certi argomenti, di conoscere quello che
sugli stessi argomenti hanno pensato e prodotti altri bambini e
ragazzi prima di loro. Creare nelle scuole e gestire insieme,
docenti e ragazzi, archivi digitali di testi, immagini, video,
audio, che raccontino la storia di quella scuola, che possano
incontrarsi in rete
con le storie di altre scuole, cioè con le storie di altri docenti e
ragazzi, nel tempo e nello spazio.
Questo
oggi è tecnicamente facile e possibile praticamente per
chiunque, come prima non lo era mai stato. E questo
potrebbe essere il vero elemento di novità del tempo attuale, non
le chiacchiere su fantomatici
“nativi digitali” o la induzione di nuovi comportamenti
attraverso il passaggio forzato a libri e lavagne digitali solo per consumare i soliti contenuti altrui!
Una
scuola che produce informazione su se stessa, su come funziona,
non solo non ha più il problema di “inseguire”
la tecnologia, ma alla tecnologia stessa dà sostanza, rendendola
indipendente dal mercato e rinnovando i linguaggi come non è
possibile se questi non vengono “parlati”. E anche l'uso
dei nuovi aggeggi sarebbe meno problematico, perché una parte
importante dei contenuti a questi aggeggi li fornirebbe la
scuola stessa, cioè le persone che ci vivono e ci lavorano,
adulti, bambini e ragazzi.
Forse
vale la pena di ragionarci un po' su...
Sono profondamente d'accordo! Non esattamente sulla storia e le caratteristiche della scuola, ma SusyDiario nasce con la stessa filosofia: permettere ad insegnanti (ed alunni) di produrre contenuti ed altro materiale, usarli e soprattutto condividerli perché creazione, scambio e riuso sono fondamentali
RispondiEliminaFa piacere trovarsi d'accordo (su storia e caratteristiche della scuola, il discorso è lungo, complesso e articolato, ovviamente!), Credo che il problema sia anche di "immagine", in questo caso non sulla base di slogan vuoti o luoghi comuni, ma di attività vere e importanti che nella scuola si svolgono e che la società nel suo insieme fatica a riconoscere. Finora abbiamo sottovalutato, o non valorizzato a sufficienza, la potenza dei mezzi che oggi tutti possiamo avere tra le mani, così come del fare rete davvero, anche perché si tratta di mezzi e modalità di azione davvero molto recenti (rispetto ai tempi umani, non del marketing!) e l'onda principale del mercato spinge spinge proprio nella direzione opposta rispetto a un utilizzo consapevole e attivo delle tecnologie. Bisogna fare anche vedere a tutti quegli insegnanti che, per una ragione o per l'altra, della tecnologia hanno tuttora paura, che ci può essere (anzi deve esserci), un uso della tecnologia rispettoso delle persone e non imposto da nessuno, e che attraverso la collaborazione tra le persone stesse (che non devono "adeguarsi", ma semplicemente acquistare familiarità con gli alfabeti del nostro tempo), i mezzi tecnologici possono essere di grande aiuto per una scuola più attuale, serena, aperta e propositiva nei confronti dell'intera società.
RispondiElimina