Premetto:
dato che, pur lavorando molto con i bambini e i ragazzi dalle materne
alle superiori, io non
sono un insegnante,
negli ultimi tempi non
sto dedicando molto
tempo e attenzione a certe
“evoluzioni” della
scuola italiana. Non
mi piace l'aria complessiva che vi si respira, non capisco –
intendo da un punto di vista educativo e didattico – l'ansia
diffusa di “digitalizzazione” e, piuttosto
che
polemizzare su una quantità incredibile di sciocchezze che girano
(buone ultime, e mi è difficile credere che siano vere, le idee
deliranti
attribuite
a
un ministro di un governo che non c'è più!),
preferisco
essere eventualmente
utile in modo indiretto
proponendo, dentro
e fuori la scuola, esperienze
concrete di cittadinanza attiva
che
ritengo di
sicura
validità.
Lascio
poi
alle
scuole e ai
docenti
che
eventualmente
le
adottino,
di
ricondurle alla loro programmazione.
Mi
frullano in testa i frammenti della conversazione
che ho avuto qualche giorno fa con una mia amica professoressa
delle superiori, che mi raccontava di quello che le hanno detto di
fare, per guidare i suoi studenti tra le perigliose onde dell'oceano
della rete.
Avendo
tra l'altro aboliti (o in via di abolizione) i libri
di testo cartacei, l'insegnante in pratica dovrebbe, dato un
contenuto, andare a vedere più o meno tutte le pagine web che ne
parlano e scegliere quelle su cui fare studiare poi i suoi studenti.
Cioè, come fino a ieri si propinavano i libri, oggi, usando le LIM e
i tablet, a scuola si dovrebbe propinare la rete,
opportunamente esplorata, valutata, selezionata...
O
mio Dio! Se uno studente mi prospettasse una cosa del genere, gli
direi: “Ragazzo mio, mi dispiace, ma tu di come funziona la rete
non hai capito niente!”
E'
come se quando io porto i bambini nel
cortile in cerca di insetti, pretendessi di trovare prima
da solo tutto il “trovabile”, in modo da sapere preventivamente
il nome, la famiglia, l'ordine di ogni possibile esserino che
troveremo. Il che, se nel senso comune tuttora corrisponde
perfettamente alla funzione di un insegnante, è proprio ciò
che lo studio in rete, così come la libera esplorazione di un
ambiente naturale, rendono praticamente impossibile; ci sarà sempre, per quanto accurata e faticosa sia stata la mia preparazione, un animaletto che arriva lì imprevisto a scombinarmi l'ordine della didattica!
Fuori
di noi c'è una realtà complessa e tendenzialmente ridondante che –
in tempi di comunicazione diffusa, interattiva, multidirezionale -
sfugge ai criteri tradizionali di trasmissione
culturale, ma chiede piuttosto di essere via via osservata,
inquadrata, compresa in certi concetti chiave, se si vuole anche
“appresa”, con la consapevolezza però che non potremo mai
possederla. Solo le specie
conosciute di insetti sono più di un milione, e anche il
professore più esperto del mondo non le conoscerà mai tutte! Ma
insieme si può cercare di capire e attivare i meccanismi di
pensiero adatti per orientarci, per stabilire un ordine
provvisorio nelle cose che non sarà mai tutta la “verità”, ma
che ci darà una progressiva e migliore consapevolezza del mondo.
Credo
che una delle ragioni della odierna litigiosità
a tutti i livelli sia proprio dovuta all'insicurezza delle
persone rispetto alle cose che sanno e che non sanno. Dove non è
questione di libri, televisione, strumenti digitali, ma proprio della
rigidità di un pensiero che a tutti costi -
condizionato dall'ideologia anacronistica quanto coriacea delle
verità contrapposte, della competizione, della negazione del punto
di vista altrui, figlia di una civiltà industriale morente - ci
induce tendenzialmente a ragionare in termini di giusto
e sbagliato!
Navigare
intelligentemente il Web, così come osservare i “concittadini
inaspettati” nel giardino, potrebbe favorire processi cerebrali
più elastici, che ci aiuterebbero a vivere tutti meglio.
Ma
può anche darsi che la difficoltà sia sta mia a comprendere quello
che realmente mi diceva la mia amica professoressa e che - come va
di moda oggi e come mi auguro di cuore - alla fine io abbia
frainteso!
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