L'impossibilità
di essere normale (Getting
Straight)
è
un
film
cult
americano
dei
primi
anni
Settanta.
Sono
i
tempi in cui a suon di musica rock, minigonne, droghe, radicalismo
politico di
massa,
amore libero, si verifica uno
dei
più ampi distacchi
generazionali
della storia.
Con
anche la capacità, per un certo periodo, di correggersi
per respingere
le
generalizzazioni, i luoghi comuni, i
recuperi di tipo commerciale. Si
afferma la
“moda”
femminista e le donne scelgono per alcuni anni di non
mostrare
più le gambe (nel
momento forse
di massima libertà
sessuale
che si ricordi, anche
perché non c'era ancora l'AIDS),
e
alle rivoluzioni “tradizionalmente” ricondotte
nel
filo del classico
marxismo leninismo
si sostituiscono
le rivolte
creative e
disperate
del
'77, gli indiani
metropolitani, il punk!
 |
Bologna, Piazza Verdi 1977 |
Sul
piano tecnologico, forse per caso, forse no, proprio in quegli
anni ragazzini
ventenni impongono al mondo una svolta di portata storica, inventando
il personal
computer!
Verrebbe
quasi da dire: che cosa rimane da fare di nuovo, diverso, tragressivo alle
giovani generazioni che verranno?
In
realtà, basta viverci all'interno di qualcosa per sapere come i
ragionamenti per schemi, se servono ad acchiappare il senso
comune e a descrivere a grandi linee certi fenomeni, sono sempre
molto relativi e, all'interno dei movimenti più o meno epocali,
sono le storie vere, individuali o collettive, che ci riportano poi
alla normale grandezza e debolezza del nostro essere umani, che è molto più costante e meno mutevole nel tempo di quanto a
qualcuno non piaccia pensare.
Nel
film “Roma”,
un saccente Federico Fellini, mostrando ragazzi capelluti che si
baciavano sui gradini di piazza di Spagna, commentava: “Per la loro
generazione, l'amore non è un problema!” E noi ragazzi
di 20 anni di allora, avremmo voluto chiedergli: “Per loro
chi?”
Analogamente,
osservando l'altro
giorno la
bambina
dai capelli rossi
seduta
nella
fila davanti che, durante la proiezione di foto della spedizione al polo Sud
dell'esploratore Shackleton,
a
un certo punto si mette a videogiocare
con l'iPad,
facendo andare le dita come io non sarei mai capace, viene
anche naturale
immaginarsi una generazione di “nativi
digitali”: l'alibi perfetto per tutti
gli
adulti
che
al giorno d'oggi si ritrovano
imbranati
nell'uso della tecnologia, agganciato al luogo comune dato per scontato (e tutto da dimostrare), del ricorrente "gap" tra le generazioni!
 |
La valigia dei burattini, scuola dell'infanzia 2013 |
A
una osservazione un po' meno a senso unico - i passeggeri della
metropolitana dai 15 ai 70 anni che tutti armeggiano con il
telefonino, le chat degli over 50 affollatissime di gente
che ne combinano di ogni on line, i vecchietti della casa di riposo
che si entusiasmano a cercale le canzoni su YouTube, i pastori
sardi che lanciano l'adozione
di pecore a distanza su internet, i ragazzini di prima media
che per la maggior parte, fuori dai pacchetti “preconfezionati”,
ignorano completamente le più elementari elaborazioni di una
fotografia - non sarebbe difficile riportare il tutto a normali
interazioni tra umani, varie ed eventuali più che mai e che
anzi oggi, in mancanza di veri movimenti che coinvolgano ampi strati
sociali, presentano un appiattimento e un interscambio
generazionale probabilmente senza
precedenti: giovani e vecchi che – anche qui, senza
ovviamente generalizzare – spesso condividono la stessa musica,
la stessa cultura, la stessa tecnologia (diversamente usata, ma
per lo più con un con un analogo grado di superficialità), la
stessa insoddisfacente e vacua ideologia di apparenza e di mercato
che – eccezioni pure trasversali a parte – sembra dominare su
tutto.
L'altro
giorno i bambini della scuola dell'infanzia si affollavano
entusiasti a pescare nella valigia dei burattini. Davvero
qualcuno crede che sarebbe stata più appropriata per la loro
“natura”, una borsa di iPad?