martedì 17 gennaio 2017

I Film in Tasca

I Film in Tasca evoca il giovanile Gli Anni in Tasca di Truffaut (suggestiva – una volta tanto! - traduzione dall'originale L'Argent de Poche), ma anche il ribelle I Pugni in Tasca di Bellocchio (come prontamente suggerito dalla Grecia da Vassilis Kessissoglou.
Alla fine, siamo riusciti a mettere insieme un piccolo gruppo di ragazzi dagli 11 ai 13 anni e, nei lunedì a Siena presso il Centro Culturale La Meridiana del quartiere San Miniato, stiamo imparando un sacco di cose.
Credo negli anni di essermi giocato una discreta fetta di mercato come formatore quando, da sempre, più che trasmettere le solite canoniche nozioni su “come si fa un film” (su cui ancora oggi si scrivono e si vendono libri con scritte sopra le stesse cose di 40 anni fa!!), data la disponibilità prima delle videocamere e poi del montaggio digitale, dei telefonini che fanno i video ecc., ho deciso a suo tempo (il passato prossimo è anche perché anche oggi continuo a decidere!) di approfittare della estrema facilità dei mezzi per giocarci e scoprire che cosa ne possiamo fare insieme, i bambini e i ragazzi, con il loro “maestro”!
Anche se alcune parti della “grammatica” in effetti non cambiano, usare una Mitchell 35mm o uno smartphone non è esattamente la stessa cosa, e solo se ne teniamo conto fino in fondo potremo poi capire che con uno smartphone oggi qualsiasi bambino può ottenere prodotti che competono in qualità con quelli che suo tempo otteneva John Ford con la Mitchell (anche se magari John Ford, se non altro per questioni di peso, non teneva la Mitchell verticale!)

L'alfabetizzazione video non è però entrata nei programmi scolastici, è considerata “accessoria” nella cosiddetta “patente europea sull'uso del computer”, e la scelta forsennata di lasciare l'apprendimento del principale linguaggio di comunicazione del pianeta globalizzato al caso (o peggio, al mercato!) ha prodotto i risultati devastanti che tutti abbiamo sotto gli occhi, con il cittadino medio che ancora forma la propria conoscenza e coscienza con la televisione e gli analfabeti che, in tutto il mondo, sempre più occupano posizioni di potere.

I bambini, i ragazzi, noi tutti, passando gran parte della vita davanti alla TV (o allo schermo del PC, tablet, telefonino, il che, se soprattutto guardiamo, non cambia molto!), abbiamo una enorme cultura video latente, di cui però siamo inconsapevoli, se non ci capita almeno una volta nella vita l'occasione di vederla!
Quando l'occasione ci capita, allora vengono fuori cose incredibili e i bambini e i ragazzi soprattutto ottengono risultati ottimi in pochissimo tempo, non perché siano più bravi degli adulti (o “nativi digitali” o altre amenità del genere), ma semplicemente perché hanno sono normalmente più disposti a giocare, più curiosi, meno assuefatti al tirare a campare.

Il piccolo gruppo di ragazzi dagli 11 ai 13 anni a Siena (c'è ancora tempo per allargarlo, fate girare la voce!) sta facendo cose egregie. Il nostro primo “film”, che parla proprio di noi, del lavoro e dei giochi che abbiamo fatto sulle riprese, il montaggio, l'improvvisazione (è un po' un “metafilm”), è stato intanto mandato al Festivaldi Plasencia, in Spagna, e vedremo se piacerà.
Adesso abbiamo incominciato a lavorare sulla recitazione, le scene, i costumi e perfino le maschere (giocando poi un po' in post produzione, ci siamo ritrovati come d'incanto in Star Trek!), ma anche si stanno cercando la ambientazioni per gli esterni, natura, cose umane, storia, che a chi guarda o ci vive raccontano naturalmente storie, e che possono entrare da protagonisti importanti nel nostro racconto.

La cosa più bella, quando si fa un'attività del genere con i ragazzi, è che non sai mai domani esattamente che cosa succederà. E la curiosità muove il mondo!


domenica 8 gennaio 2017

La qualità, la sovrabbondanza, il rumore

Il concerto inizia con un canto di questua inglese del 1800, dagli echi celtici, bellissimo, bene eseguito strumentalmente e anche ben cantato. Anche i brani che seguono sono su quella falsariga, spaziando nella suggestiva tradizione della musica popolare dell'Europa nord occidentale, ma... non è un piacere, i suoni arrivano confusi e impastati, le orecchie alla lunga fanno male! Sarà la pessima acustica delle chiese di fine Novecento, dagli esagerati muri di cemento; saranno le due piccole casse acustiche a cui affluisce la gran quantità di microfoni, che a uno sguardo superficiale e maligno sembrano più adatte a un comizio sindacale improvvisato che a non un concerto; sarà il mixer posizionato appena davanti ai musicisti, alla faccia di quello che sentiamo noi venti metri più indietro. Comunque sia, l'effetto finale è disastroso.

Il “rumore” a cui mi riferisco nel titolo non è solo quello del concerto dell'altra sera, ma piuttosto lo intenderei – più o meno come in elettronica e in informatica - come quel qualcosa che “sporca” un messaggio e lo modifica, anche radicalmente, nel suo percorso dall'emittente al ricevente. Cioè: tu mi dici una cosa e io ne capisco un'altra!

Nelle prime file, durante il concerto, intravedo telefonini forse di ultima generazione, comunque potenti e luminosi, con cui alcune signore fanno i video, tutti tenuti rigorosamente verticali, così che la metà alta dello schermo è sistematicamente sprecata a mostrare le pareti vuote della chiesa, mentre nella stretta inquadratura ci stanno solo una cantante o un suonatore per volta e gli altri bisogna andare a cercali con movimenti continui: video rassegnati a non rendere l'insieme di quello che succede, a non apparire mai decentemente in un televisore, quando basterebbe girare l'aggeggio in orizzontale per sfruttare l'ampia visione del grandangolo e per rendere disponibile il tutto magari anche a un montaggio con Steven Spielberg!

Non è poi solo un discorso di qualità del messaggio o del canale di comunicazione (il video in HD, la banda larga), ma soprattutto di codici che occorre avere i comune, di significati denotati (precisi, univoci, quasi inequivocabili) e connotati (quelli viceversa, anche molto diversi l'uno dall'altro, che i singoli o i gruppi attribuiscono, per storie loro personali) che ogni messaggio si porta dietro.
Perché in un mondo come il nostro in cui la ridondanza e precarietà dei mezzi di comunicazione (le cose si buttano via ogni pochi mesi) mettono spesso in seria difficoltà gli umani che quei mezzi si trovano a utilizzare, alla fine il rumore, in senso esteso, analogico, evocativo, è forse la cifra più caratteristica della comunicazione oggi.
Se no non si spiegherebbe come, in presenza di mezzi non solo facili e potenti come mai nella storia, ma praticamente ormai nelle mani di tutti, la comunicazione tra le persone, a tutti i livelli, dai più personali ai più politici, appaia desolatamente povera e difficile.
E non si spiegherebbe l'assuefazione, la rassegnazione, l'abdicazione dei sensi e della ragione di fronte a concerti cacofonici, a video e film dalle immagini deformate, ad aggeggi digitali utilizzati a volte con lo stesso atteggiamento dei cartoni animati “I pronipoti” degli anni Sessanta!
Cioè abbiamo in mano attrezzi molto spesso di una bellezza e qualità assolute (le voci e gli strumenti musicali, così come certe macchine elettroniche e digitali - Apple stores ormai più raffinati di Swarovski! - e software dalle possibilità mirabolanti), ma le modalità con cui siamo ormai abituati a consumarli, oggetti ed eventi, per lo più superficialmente, passivamente, perché “si deve” più che per convinzione, fa sì che ci sentiamo appagati dal semplice fatto di “usarli”, spesso senza nemmeno la cura di verificare se il risultato finale sia conforme alla qualità degli attrezzi o alle nostre intenzioni.
C'è troppo di tutto, non riusciamo a starci dietro, ci vergogniamo ad ammetterlo, e ci adeguiamo alle mode, ai costumi del branco. Mentre la qualità scivola sempre più in basso, come la immagini spazzatura, fotografie e video, che tolgono visibilità a quelle pure belle che qualcuno per fortuna si ostina a pubblicare nei social network, come l'assalto generalmente vincente dei mediocri alla cultura, alla società civile, alla politica, con risultati che – comunque la si veda e la si pensi – rendono la generale insoddisfazione l'altra cifra caratteristica, insieme con il rumore, del tempo presente.
Ricerca eccessiva della qualità dei singoli oggetti (sempre più belli, da rimirare in modo narcisistico, da specchiarsi) e rinuncia generale alla qualità dei risultati (sempre più irrilevanti e deludenti). Metafora riuscita di una società bipolare in cui, per fare un altro esempio, mentre si stabiliscono norme igieniche e sanitarie a volte ossessive nelle mense delle scuole o degli ospedali, si lascia che tutti veniamo avvelenati un poco ogni giorno dall'aria, dall'acqua, dall'alimentazione, lasciate in balia della legge inappellabile del profitto.

Il giorno dopo però, altro evento musicale: chiesa rinascimentale, come pure i cori, del 1500-1600. Niente microfoni o amplificazione, voci limpide e pulite e perfino, da ogni postazione, nonostante le dimensioni ragguardevoli dell'edificio, si capiscono distintamente le parole, pur col quel marcato riverbero che nei software di elaborazione sonora non a caso chiamano “effetto cattedrale”. A parte alcune parti in cui interviene una dulciana rinascimentale, l'antenato del fagotto, l'unico strumento che accompagna è l'organo, il gran padrone di casa, il signore di quella musica.
Io sto in piedi e mi muovo, un po' perché fa un freddo terribile (non c'è alcuna forma di riscaldamento e siamo probabilmente sotto zero) e un po' anche perché mi piace ascoltare da diversi punti della chiesa, osservando anche i soffitti, i dipinti, gli altari: in quell'ambiente, quella musica è perfetta, oggi come 500 anni fa! Il pubblico è coinvolto e attento e se ne sta per tutto il tempo in silenzio, per intervenire solo alla fine con un applauso lungo, forse commosso. Clamoroso, ma perfino i video con i telefonini, in un contesto così generalmente “giusto”, vengono girati tutti orizzontali...
No, per la verità no, non tutti! Un signore proprio all'ultimo momento, con il suo smartphone tenuto in piedi, ci riporta dalla magia senza età alla realtà del presente. Ma forse sarebbe stato chiedere troppo!

photo credit: Rosa Menkman <a href="http://www.flickr.com/photos/68716054@N00/5350243675">PNG</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/">(license)</a>
photo credit: Martin uit Utrecht <a href="http://www.flickr.com/photos/79847371@N00/25406593593">MacBook Pro 15" concept</a> via <a href="http://photopin.com">photopin</a> <a href="https://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.0/">(license)</a>

lunedì 2 gennaio 2017

A blue eyed caterpillar!

Daphnis nerii caterpillar, picture by Amy Huang from Taiwan
Daphnis nerii caterpillar has a big (fake) blue eye on his front side. What a finesse, for a moth of the family Sphingidae, so often nocturnal and disquieting! When looking for identification across the web, the other caterpillar I had found with a blue eye very similar, was actually that of Papilio glaucus, from the noblest and most beautiful family of butterflies! It's a great example of animal mimicry, as another Papilio testifies, whose pictures I received (to tell all the truth, it's another sub-species), as coming directly from Chinese and Japanese paintings, which, with two orange (fake) eyes in its form of caterpillar, from a frontal point of view just looks like a snake! Curious, and amazing!
Now, for the Children's Virtual Museum of Small Animals many pictures are coming from the extreme East Asia, as well as from South America, where now we know that very similar spiders tend their large, fascinating webs. Argiope is genus name.

Argiope aemula, by Emma-Huang, Taiwan
I have books about insects and spiders, very useful but, as a self made naturalist apprentice, it is great for me, surfing the other web, the “world wide” one, to be able many times to give right answers in few minutes to questions about animals living so far in the world, just recalling some elements of my experience and knowledge and writing some keywords. Amazing!
Papilio bianor dehaanii, picture by Cindea Hung from Japan
Argiope argentata, by Manuela, Colombia
Sometime, they are the children who draw the right guide lines to understand natural world. It was in primary school, first class, where, looking and wondering at the details of the magnified pictures of the insects, the kids at some point said: “So, bees suck and wasps cut!They had identified as significant the tongue of bees and the jaws of wasps, just the same distinction made by the scientists, when dividing superfamily Apoidea from Vespoidea!

Trigonopsis sp., picture by Cindea Hung from Taiwan
Some time later, taking very close pictures of the so called “digger waspson flowers, I noticed their long and winding tongue, almost like butterflies! But, if wasps cut, so then they must be bees!
And anyone can actually look up and verify that the family Sphecidae belongs to the Apoidea!
Among the pictures of by my friend Cindea, from Taiwan, the one I have chosen for this post is not the closest to the insect, but it is a really great frame, isn't it?