mercoledì 23 marzo 2016

Come sarà il futuro, digitale o intelligente?

Treno locale nord Milano, di quelli belli e comodi, penultima generazione, di recente costruzione.
Lo scorrere delle stazioni è scandito con efficienza dalle indicazioni sul display digitale, accompagnate dalla suadente voce femminile che dell'altoparlante annuncia: "prossima fermata", "stiamo per arrivare a..."
Poi, come non di rado succede, durante una sosta in stazione le luci cominciano a lampeggiare in modo preoccupante, si spengono.
Oh no, adesso ci diranno che dobbiamo cambiare treno!
Per fortuna il blackout dura poco e la marcia riprende.
Treno di Trenord, ultima generazione!
Le informazioni però sballano. Il software ha ricominciato a contare le stazioni dal principio e crede di essere a Saronno sud, invece siamo a Quarto Oggiaro!
Con tutte le indicazioni sbagliate, ci potrebbero essere difficoltà per qualcuno, dato che lungo la bella e moderna linea i nomi delle stazioni, scritte in bianco sul verde delle eleganti pensiline, di notte non sono illuminati.

Una sola considerazione, a proposito di una parola che per molti oggi è sinonimo di progresso, tecnologia, perfezione: digitale!
Chi ha qualche idea di programmazione lo sa bene, ma anche quelli che hanno conosciuto i personal computer nei tempi in cui per usarli era consigliabile avere un'infarinatura di BASIC e di dos: le macchine digitali non pensano! Solo pedissequamente eseguono le istruzioni di un programmatore umano. Se queste sono sbagliate o incomplete, la macchina digitale non se ne accorge e il risultato, per l'utente, non è soddisfacente.
In questo caso, per esempio, servirebbe che qualcuno prevedesse un controllo incrociato tra le informazioni che vengono date sulle stazioni e un rilevatore GPS. E si eviterebbero situazioni imbarazzanti.
Treno regionale, Stazione Centrale di Milano

Un'altra cosa si usava dire negli anni in cui nella vita degli umani, come una novità, sempre più entravano i  computer, per evitare che gli umani stessi si abbandonassero a una fiducia eccessiva in quelle macchine. Li si definiva "utili idioti". Cioè, di nuovo, possono svolgere lavori pazzeschi, a velocità per gli umani impensabili ma, per l'appunto, non pensano.
Non a caso, dopo decenni di sperimentazione non sempre soddisfacente sulla cosiddetta intelligenza artificiale, i ricercatori sono orientati a puntare su macchine di concezione diversa, più analogiche, basate sulle "reti neurali". Perché digitale è, in definitiva, sinonimo di "stupido"!
Vero è che il discorso riguarda aggeggi che consentono comunque prestazioni mirabolanti e che, correttamente utilizzati, possono cambiare il modo di apprendere, comunicare, produrre. Ma ugualmente, data la sostanziale correttezza della equivalenza digitale = stupido, che per esempio la scuola del futuro venga immaginata come "digitale", fa un certo effetto!

lunedì 21 marzo 2016

Il teatro di Greta la Matta!

Visto l'altra settimana e mi veniva da dire: finalmente!
Vero è che negli ultimi anni la mia frequentazione del teatro ragazzi non è stata particolarmente assidua, ma di proposte così coraggiose e rigorose, a naso, data l'aria che tira in generale, credo che in giro oggi ce ne siano poche.
Anche se, nel momento in cui un attore su tre l'altra sera era in scena con la febbre forte, lo spettacolo, calibrato come un perfetto meccanismo in movimento di corpi, mascheroni, forme e colori, in alcune parti ha oscillato un poco e perso una parte del suo delicato equilibrio... Peccato, peccato davvero!
Però, vedere una cosa così pensata per un pubblico di bambini, dopo decenni di Alberi Azzurri e Melevisioni, (che quella era la TV buona, che si opponeva all'omologazione generale delle sigle di Cristina D'Avena!) nella cui ombra sono state allevate zuccherose generazioni di bamboccioni (col cambio di millennio detti anche alternativamente “nativi digitali”, per evitare comunque di fare i conti con i bambini veri!) è decisamente incoraggiante,
 
Greta la Matta è una una produzione di OcchiSulMondo, riduzione dell'omonimo libro, ispirato all'omonimo quadro di Bruegel. Letteratura per l'infanzia non consolatoria che finisce addirittura (il libro, ma nello spettacolo non si vede) con un suicidio. È certo teatro un po' inquietante, come spesso può essere inquietante la vita dei bambini, anche se generalmente non lo si può dire, se no guai! Mi racconta uno dei registi (la realizzazione è collettiva), quando poi ci ritroviamo in pizzeria, che su alcune piazze è stato praticamente censurato, con tanto di circolari inviate alle scuole perché non andassero a vederlo.
La scena rimanda a ricordi (letterari ovviamente perché, anche se sono abbastanza vecchio, almeno a quei tempi non c'ero!) del teatro russo dei primi anni 20, quando nell'arte di quel paese spirava un'aria autentica di rivoluzione e libertà: Mejerchold, Vachtangov, la biomeccanica, l'utilizzo delle maschere.
Che studio, che ricerca, che rigore in uno spettacolo per bambini!

martedì 15 marzo 2016

Perché si parla così poco delle persone?

Boh?!
Partecipato un mese fa alla produzione di un piccolo film prezioso, di cui per ora non dico, ma verrà il tempo di parlarne.
C'era un regista vorrei dire di quelli di una volta, autore con il berrettino alla Buñuel, c'era un operatore video professionista, attori veri insieme con altri a mezzo servizio e qualcuno assolutamente improvvisato, allieve truccatrici già decisamente brave, gente che maneggiava le attrezzature per registrare il sonoro e i vari fari faretti e farettini, dove la luce era importante nei più piccoli particolari. Tanto che un mio piccolo illuminatore led portatile, di quelli che di solito si attaccano alle macchine da ripresa, ha alla fine risolto diversi problemi.
Io ho fatto video e foto per il casting, il backstage, il trucco, ma sono stato anche attore in una scena e comparsa (volutamente irriconoscibile) in un'altra.
Però – in attesa di istruzioni dalla produzione per la stampa! - non è di questo che voglio parlare.

Il punto è un altro. Eravamo lì in dieci o quindici, a lavorare, e chi era amico non ha litigato, chi non si conosceva è diventato amico! Posso dire che è stata una cosa molto bella, perché di solito non è così?
Quante volte succede proprio il contrario, che sul lavoro le amicizie si incrinano, gli amori scricchiolano, le conoscenze non si sviluppano, mentre emergono intolleranza verso i limiti degli altri, ansia di competizione fine a se stessa, la difficoltà a concepire punti di vista diversi dal nostro, spesso mascherata da “professionalità”!
Nel mondo di oggi il problema principale è probabilmente l'incapacità di collaborare tra le persone, di utilizzare le risorse, principalmente umane (ma di riflesso anche economiche, logistiche, tecnologiche) di cui effettivamente disponiamo. Ma ci siamo assuefatti a un sistema economico basata sul consumo e sullo spreco sistematico, che prospera se non si utilizza quello che abbiamo e si compra quello che non abbiamo ancora.

Vorrei chiederlo però a quelli di noi che non sono venditori, ma magari educatori, insegnanti, gente di cultura: perché, per esempio trattando di scuola e di educazione, non parliamo un po' di meno di macchine e di “tecnologia” e più di rapporti tra le persone. Che non è solo una questione di “BES” o di problemi comportamentali o caratteriali dei bambini spesso raggruppati, a volte a ragione ma non di rado anche a vanvera, in “sindromi”. È una cosa che riguarda tutti noi, e la nostra capacità, o necessità, o disposizione, quando serva, ad ascoltare, comprendere, eventualmente cambiare! Oltre irrisolvibili “conflitti generazionali” (probabilmente mai così scarsi come oggi, da decenni!), o “rivoluzioni digitali” che presumiamo fuori dal nostro controllo e quindi alibi perfetto per sedersi a non fare niente e osservare dai social network il mondo che ci scorre davanti.
Perché è solo interagendo liberamente e consapevolmente con gli altri, ritrovando il valore della convivialità e dello scambio interpersonale che, in un mondo diventato oltremodo complesso, possiamo vivere da cittadini attivi e non solo da consumatori gregari e disadattati nella società degli umani.

Bello però comunque quando, anche facendo un lavoro vero, prevalgono i rapporti umani e le amicizie vere!