venerdì 19 aprile 2013

Gli occhi del ragno!

Ci risiamo, si torna in una scuola dell'infanzia dove già l'anno scorso i giovanissimi esploratori avevano trovato nel giardino animaletti bellissimi.
E si comincia con una bambina di 3 anni che mi mostra con molto convinzione ed enfasi la “porta” della casa di uno scoiattolo sul tronco di un albero. Poi, arriva la maestra con la videocamera e la bimba, con tranquillità, precisione e chiarezza, ripete. Bellissimo. Viene istintivo chiedersi: dov'è la crisi delle scuola, dove la difficoltà di comunicazione tra le generazioni?
A parte l'erba, le siepi, gli alberi, e tanti altri posti “naturali” in cui uno si aspetta di trovare i piccoli animali, la parte più interessante è proprio dove di solito si affollano i bambini.
Ai piedi di uno scivolo, lo spiazzo di terra davanti è disseminato di buchi, sopra i quali svolazzano piccoli insetti indaffarati. Quando arriva il gruppo dei bambini, si diradano, intimoriti, e allora dopo una osservazione attenta da lontano, mandiamo il gruppo un po' più in là nel prato e restiamo solo io e una maestra, muovendoci il meno possibile. Riesco a fotografare con sufficiente chiarezza una piccola ape Andrena proprio mentre esce di casa!

Ma è sulla casetta di plastica che abita di preferenza Sitticus, il ragno che salta (e se non fosse un sitticus, ragnologi help, che correggo!), dai grandi occhi che girano intorno alla testa, peloso e improbabile che sembra venuto fuori da un film di fantascienza. Lo cerco e lo inseguo non senza difficoltà, la luce e l'ombra, il movimento, la messa a fuoco e non ultimi i bambini tutt'intorno che mi spingono, mi pressano, mi tirano per la manica perché poco più in là hanno visto una mosca o una farfalla. La foto, tecnicamente non eclatante, risulta alla fine molto suggestiva. La mostro subito ai bambini nel display della fotocamera, e l'ingrandimento li lascia a bocca aperta: non se lo aspettavano davvero così, quel ragno grigio e piccolo, e soprattutto non potevano immaginare, vedendolo a grandezza naturale, quegli occhi incredibili!
Il giorno dopo torno e un bambino di 3 anni mi si fa incontro: “Lo sai che io sto per diventare grande?” Lo guardo e approvo: “Benissimo!”, e lui se ne va soddisfatto.

domenica 14 aprile 2013

L'impossibilità di essere digitali


L'impossibilità di essere normale (Getting Straight) è un film cult americano dei primi anni Settanta. Sono i tempi in cui a suon di musica rock, minigonne, droghe, radicalismo politico di massa, amore libero, si verifica uno dei più ampi distacchi generazionali della storia. Con anche la capacità, per un certo periodo, di correggersi per respingere le generalizzazioni, i luoghi comuni, i recuperi di tipo commerciale. Si afferma la “moda” femminista e le donne scelgono per alcuni anni di non mostrare più le gambe (nel momento forse di massima libertà sessuale che si ricordi, anche perché non c'era ancora l'AIDS), e alle rivoluzioni “tradizionalmente” ricondotte nel filo del classico marxismo leninismo si sostituiscono le rivolte creative e disperate del '77, gli indiani metropolitani, il punk!
Bologna, Piazza Verdi 1977
Sul piano tecnologico, forse per caso, forse no, proprio in quegli anni ragazzini ventenni impongono al mondo una svolta di portata storica, inventando il personal computer!

Verrebbe quasi da dire: che cosa rimane da fare di nuovo, diverso, tragressivo alle giovani generazioni che verranno?
In realtà, basta viverci all'interno di qualcosa per sapere come i ragionamenti per schemi, se servono ad acchiappare il senso comune e a descrivere a grandi linee certi fenomeni, sono sempre molto relativi e, all'interno dei movimenti più o meno epocali, sono le storie vere, individuali o collettive, che ci riportano poi alla normale grandezza e debolezza del nostro essere umani, che è molto più costante e meno mutevole nel tempo di quanto a qualcuno non piaccia pensare.

Nel film “Roma”, un saccente Federico Fellini, mostrando ragazzi capelluti che si baciavano sui gradini di piazza di Spagna, commentava: “Per la loro generazione, l'amore non è un problema!” E noi ragazzi di 20 anni di allora, avremmo voluto chiedergli: “Per loro chi?”
Analogamente, osservando l'altro giorno la bambina dai capelli rossi seduta nella fila davanti che, durante la proiezione di foto della spedizione al polo Sud dell'esploratore Shackleton, a un certo punto si mette a videogiocare con l'iPad, facendo andare le dita come io non sarei mai capace, viene anche naturale immaginarsi una generazione di “nativi digitali”: l'alibi perfetto per tutti gli adulti che al giorno d'oggi si ritrovano imbranati nell'uso della tecnologia, agganciato al luogo comune dato per scontato (e tutto da dimostrare), del ricorrente "gap" tra le generazioni!
La valigia dei burattini, scuola dell'infanzia 2013
A una osservazione un po' meno a senso unico - i passeggeri della metropolitana dai 15 ai 70 anni che tutti armeggiano con il telefonino, le chat degli over 50 affollatissime di gente che ne combinano di ogni on line, i vecchietti della casa di riposo che si entusiasmano a cercale le canzoni su YouTube, i pastori sardi che lanciano l'adozione di pecore a distanza su internet, i ragazzini di prima media che per la maggior parte, fuori dai pacchetti “preconfezionati”, ignorano completamente le più elementari elaborazioni di una fotografia - non sarebbe difficile riportare il tutto a normali interazioni tra umani, varie ed eventuali più che mai e che anzi oggi, in mancanza di veri movimenti che coinvolgano ampi strati sociali, presentano un appiattimento e un interscambio generazionale probabilmente senza precedenti: giovani e vecchi che – anche qui, senza ovviamente generalizzare – spesso condividono la stessa musica, la stessa cultura, la stessa tecnologia (diversamente usata, ma per lo più con un con un analogo grado di superficialità), la stessa insoddisfacente e vacua ideologia di apparenza e di mercato che – eccezioni pure trasversali a parte – sembra dominare su tutto.

L'altro giorno i bambini della scuola dell'infanzia si affollavano entusiasti a pescare nella valigia dei burattini. Davvero qualcuno crede che sarebbe stata più appropriata per la loro “natura”,  una borsa di iPad?

lunedì 1 aprile 2013

Il progetto “Terra Insieme”


Terra Insieme” ora è dedicato a Fausto Filippini, scomparso all'improvviso due mesi fa.
Da poco più di un anno lavoravamo a questo progetto, ognuno dal suo punto di vista, dove la distanza e diversità delle culture ed esperienze si era rivelata una inaspettata ricchezza. Se c'era qualche problema di intesa, sapevamo che non ci saremmo bloccati in discussioni sterili, ma avremmo trovato l'accordo un po' più avanti. Situazione rara, feconda, molto bella.

Personalmente, dal mio punto di vista di educatore anomalo, sono particolarmente stanco dei soliti ritornelli in cui spesso finisce che ci aggrovigliamo come “addetti ai lavori”, insegnanti, media educator, animatori (parola ricca ma ambigua) che a volte si fanno chiamare anche facilitatori
(parola orribile da tutti i punti di vista!): scuole in cui per definizione “non ci sono risorse” (lo so anch'io che la situazione è sempre più difficile, ma cribbio, ho lavorato a Cuba!), discussioni infinite tra l'ideologico e il biecamente commerciale sulla favola dei “nativi digitali”... Serve un punto di vista più ampio, adeguato alla situazione sociale e politica (perché anche lavorando con i bambini si fa politica!), oltre che immaginazione vera e libera, apertura mentale e capacità di rimettersi continuamente in gioco, facendo quando occorre di necessità virtù.
Così, si era arrivati a un discorso convergente tra cibo (era attentissimo Fausto su questo, la “banale” qualità di ciò che ogni giorno mangiamo!) e cultura, produzione di informazione. Divisi tra la possibilità di poterli gestire, il cibo e l'informazione, con i mezzi e le conoscenze di oggi, in buona parte in prima persona, e il pericolo sempre presente di venire espropriati di tutto, alla mercé di onnipotenti multinazionali. Avendo trovato possibili indicazioni concrete soprattutto nel lavoro con i bambini!
Gli incontri in presenza e in rete con diversi altri operatori bravi e attenti, l'opportunità negli ultimi mesi di una serie frequente di relazioni anche internazionali... Terra Insieme sono due belle parole (non c'erano altre imprese che le mettevano insieme - avevamo controllato bene - fino a un mese fa, poi è nata praticamente in contemporanea un'altra associazione con lo stesso nome: quando si dice che certe cose sono nell'aria!) Scambiare esperienze, collaborare, fare rete per davvero: natura, cibo, cultura, i bambini, le persone, per la cittadinanza attiva...

C'erano gli uffici ora vuoti, dopo la costituzione di Coop Vicinato Lombardia, della ex Cooperativa Lavoratori Uniti di Urago d'Oglio, una storia incredibile che in una manciata di anni a partire dal '77 aveva sintetizzato l'intera storia secolare della cooperazione, dagli spacci volontari autogestiti da gruppi di operai alla potenza commerciale tutta contemporanea della Coop. E così adesso Terra Insieme ha una sede reale, oltre che un sito web, una pagina facebook, un canale YouTube...