mercoledì 26 dicembre 2012

Il debole Babbo Natale e la forte Santa Lucia

Ieri un post su facebook giustamente ricordava come il Babbo Natale che tutti conosciamo non sia una figura della tradizione, ma una invenzione recente delle Coca Cola, citando un libro (che si può scaricare gratis) e sottolineando come “ il sistema delle multinazionali domini il nostro immaginario collettivo”.
Se il primo è un fatto (nel 1931 la Coca Cola veste di rosso e bianco il vecchio e sbiadito Santa Claus e ne fa una star mondiale!), la seconda in realtà è una affermazione, anzi, praticamente una deduzione, che andrebbe verificata meglio nei fatti.
Ovviamente, non si discute che quasi tutti i “miti” degli umani grandi e piccoli del giorno d'oggi derivino dalla letteratura, dal cinema, dai fumetti, dai videogiochi, e siano il frutto di grandi operazioni commerciali. Ma proprio su questa questione di creature più o meno magiche che in una notte dell'anno portano i regali ai bambini, la potenzia delle multinazionali dimostra, alla prova dei fatti, i suoi grandi limiti.

Io vivo a Brescia, in una zona d'Italia in cui i regali, nella notte del 13 dicembre, li porta Santa Lucia. La tradizione riguarda il Veneto e una parte consistente della provincia lombarda, ed è talmente poco “multinazionale” che quasi nessuno fuori da quell'area la conosce. Addirittura, in una rivista impegnata per bambini avevano scritto anni fa – per altro giustamente - che Santa Lucia è una tradizione “svedese”. Ma la redattrice viveva in Emilia e non sapeva di che cosa sognavano i bambini che abitavano appena a pochi chilometri dalla sua città, a nord del fiume Po!

Nell'immaginario dei bambini la figura di Santa Lucia è tuttora molto potente. Quando, nei giorni precedenti, si sente il suo campanellino fuori da una scuola dell'infanzia, l'emozione collettiva è intensa oggi come quando ero piccolo io, e addirittura potrei citare esempi di “nativi digitali” a cui, quasi in età da scuola media, i genitori hanno finalmente dovuto dirlo che in fondo non è vera la storia di Santa Lucia!
Da piccolo, mia madre che è di Milano mi raccontava che là i regali li portava Gesù Bambino (che, come recitava Jannacci, è Babbo Natale da giovane!), mentre dalla terra di mio padre, l'appennino modenese, arrivava regolarmente, per posta, il pacchettino che a casa di mia zia aveva lasciato per noi nipotini la Befana! So che in altre zone d'Italia, soprattutto al sud, sempre nella notte dell'Epifania i regali li portano i Re Magi.

Sarà un caso, ma personalmente non ho mai incontrato un solo bambino che credesse seriamente in Babbo Natale. Se ne parla talmente tanto, ha intriso un livello del nostro immaginario così superficiale e smaccatamente commerciale, che mi piace pensare che anche per i più piccoli rappresenti solo un pretesto, una figura retorica, una metafora. I bambini magari fanno finta di crederci, perché è nelle regole del gioco per ricevere i regali. Oppure, “attacca” solo dove mancano corrispettivi veri, come per esempio Santa Lucia, che quella sì scava nel profondo dell'immaginario delle persone.

Una piccola conclusione venata d'ottimismo: dove esistono tradizioni veri, pensieri veri, cibi veri, l'omologazione globalizzante, ancorché pericolosa e incombente, non è così facile né scontata. Così per esempio, tra i suoi tanti difetti che ben conosciamo, l'Italia non è comunque un paese in cui tutti mangiano da McDonald e credono in Babbo Natale. E questa è tuttora una nostra piccola grande forza, su cui dovremmo saper contare.

giovedì 13 dicembre 2012

I diritti dei bambini in viaggio

«Che giochi fate in viaggio con i vostri bambini? Come giocate? E, soprattutto, quanto tempo ritagliate al gioco in vacanza?».
«Mi chiedono come è andata la scuola? io parlo… e loro mi dicono “aspetta c’è il tg”… riprendo a parlare e mi dicono… “aspetta aspetta che ora c’è una notizia importante” …e allora io alla terza volta non parlo più!».
Due aspetti della vita dei bambini che, considerati insieme, hanno suggerito l'idea di proporre, in rete, la “Carta dei diritti dei bambini in viaggio”:
«Il viaggio assume una rilevanza fondamentale, in quanto strumento di crescita e di conoscenza. (…) Il nostro sogno è che la sfida venga colta da tutta la rete. Vicina e lontana. I bambini hanno diritto a viaggiare. A sperimentare. Ad imparare attraverso l’esperienza diretta, ad essere consapevoli della natura che ci circonda, delle diversità culturali, dei diritti umani e della libertà altrui.».
In tempi in cui l'attenzione alle persone passa spesso in secondo piano rispetto all'adesione agli stereotipi suggeriti dal mercato e il livello di iniziativa dei singoli si limita per lo più alla scelta di prodotti già pronti da consumare (tecnologici, informativi, ma anche culturali, sociali, politici), ci troviamo qui di fronte non a una proposta chiusa a cui aderire semplicemente con un generico “mi piace”, ma a cui partecipare attivamente. Vale a dire: l'elenco dei diritti dei bambini in viaggio lo dovremmo continuare noi, pensando ai bambini che conosciamo e, ancor meglio, chiedendolo a loro direttamente, ascoltandoli davvero, sollecitandoli ad essere sinceri.
E chissà che, da un proclama importante ma per forza di cose generale, come la Convenzione ONU del 1989, che forse si fa fatica a calare nelle realtà di tutti i giorni, “scorporati” nelle diverse situazioni (in questo caso il viaggio, ma anche la scuola, la famiglia, il tempo libero, lo sport ecc.) i diritti dei bambini non possano diventare davvero quell'argomento di riflessione e di azione pratica di cui si avvantaggerebbe probabilmente l'intera società.

sabato 8 dicembre 2012

Comandare i robot

Quelli dell'istituto comprensivo don Milani di Latina con I loro robot li avevo già citati in un questo blog. Durante il Global Junior Challenge, a Roma, il 17 ottobre scorso, li ho visti all'opera dal vero e abbiamo potuto scambiare un po' di idee. Mi hanno fatto vedere in particolare come manovrano i loro automi Lego con i telefonini, usando software Android.
A distanza di tempo, cercando in rete, quel programma con quella interfaccia - che si intravede in queste sequenze video che ho girato con il mio telefonino - non l'ho trovato, e anzi per la verità ho visto poche cose in italiano. Per cui chiedo qui a loro - mentre li saluto e li ringrazio - se possono intervenire con un commento in cui segnalano esattamente che cosa usano.

Però intanto durante la ricerca mi sono imbattuto anche in software che consente ai robot di vedere attraverso i loro occhi-videocamera (era nell'aria da tempo, dato il crollo dei costi, ma adesso sappiamo che questa possibilità evidentemente c'è, anzi, l'articolo è del 2010!)
 

Tutti questi mi sembrano discorsi molto interessanti, che conducono direttamente verso quel territorio del fare (e immaginare, pensare, progettare) attraverso cui si formano i cittadini consapevoli della società dell'informazione, all'interno di esperienze in cui è naturale e necessaria l'interazione con adulti esperti e pure consapevoli, senza artificiosi conflitti, ma anzi con piacere e soddisfazione reciproci. Quel fare attivo che, in tanti discorsi che si sentono sull'aggiornamento della scuola verso la banda larga, i tablet, le LIM, troppo spesso ho l'impressione che rimanga pericolosamente sullo sfondo. Mentre, nella generale lamentazione sulle risorse che non ci sono, si verifica un abituale sottoutilizzo di quelle che invece avremmo a disposizione e non usiamo.
Proprio l'altro giorno in una scuola primaria ho chiesto un televisore, per attaccarci una videocamera e vedere le nostre riprese (mi pare l'ABC minimo della società dell'informazione, o no?) Mi hanno detto che non l'avevano. Poi hanno trovato uno schermo piatto LED che era lì da tre anni, ma nessuno aveva nemmeno mai aperto la scatola!

venerdì 7 dicembre 2012

Our weird pictures on line

As a professional working with children from more than 30 years using every kind of technology, my strong belief is that nowadays very young generations probably need more meadows to run than tablets to touch, in spite of that the conformists think, the huge crowd of flat, market dependent, dull and sad people of the “common” sense!
Personally, I do this way. If in a theory or description I recognise something of the the children I know, I consider that ideas worth of attention. If not, probable other reasons actually drive them.

I have not met Paola in person yet. She should have come to the meeting in Brescia last June, but then it changed its shape and dates and she couldn't. However, I know she works very well, as a teacher interested in a school true and alive. She too deals with technology, at high levels, but one feels that at the centre of every activity she puts the children, as playing and imagining people, far from the stereotypes. This is what I perceive when exchanging ideas and esperiences with her.
From her class a good example of how the caution and the need of respecting privacy publishing photos on line, can be not an may be not an obstacle, but an opportunity to do things even better and with more creativity, and not only with digital solutions!