Succede
che un giorno passiamo per Contrada del Cavalletto, nel centro
di Brescia, e l'attenzione è attirata da una piccola
vetrina che non avevamo mai notato, piena di giocattoli e di
colori, ma soprattutto di bambole, bellissime, alcune davvero
incredibili, che sembrano bambini veri.
La
porta è semichiusa, ma vediamo che dentro c'è una donna dalla pelle
nera. Ci vede e ci apre, ci fa entrare.
Incominciamo
a parlare come se fossimo vecchi amici e ci racconta del perché in
quel momento è piuttosto arrabbiata. È
passato da poco un tipo che, osservando le bambole, le ha detto: “Non
puoi averle fatte tu: i negri non hanno doti artistiche!”
Non è per la parola “negro”, che anzi lei usa senza problemi, forse intuendo da straniera comunitaria (è francese, dalle Antille a Parigi!) che in italiano - prima che un piatto conformismo “politicamente corretto” ne mutuasse una accezione comunque negativa dalle cattive traduzioni dei film americani – in realtà non è necessariamente una brutta parola.
Ci
racconta però di come è difficile condurre l'attività nel suo
circolo affiliato all'ARCI
in una città come Brescia, ci racconta dei suoi corrispondenti da
Torino, da Bologna, dalla Germania.
Celine
non è solo un'artista di quelle bambole che oggi vengono
chiamate “reborn”,
ma porta avanti nel suo piccolo laboratorio una cultura
sistematica del riciclo,
in particolare di bambole e giocattoli, mostrando come tutto si può
recuperare, a livelli anche di ottima qualità. Così, accanto a
splendide bambole da collezione, fatte da lei o provenienti da
donazioni, in quelle stanze attendono piccole folle di vecchi
Cicciobello
dismessi, speranzosi di essere restituiti a nuova vita.
Le
dico: “Se sei d'accordo, torno qui qualche volta e facciamo un
piccolo film!” Perché c'è qualcosa di davvero bello da
raccontare, nell'atelier
Rêve des Rêves
di Celine!
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