sabato 15 agosto 2015

La Scuola che Funziona chiude. Arrivederci!



Succede spesso d’agosto, quando la gente è per lo più in vacanza e distratta.

A volte sono decisioni dei potenti della terra. Un fatto che avrebbe sconvolto il mondo avvenne per esempio nell’agosto 1971, quando il presedente americano Nixon sospese la convertibilitàdel dollaro in oro, avviando l’epoca delle monete liberamente fluttuanti, che tanto ci ha fatto divertire in questi anni.

Altre volte sono cose che invece ci riguardano più da vicino, come la fine delle pagine Ning , il social network della “Scuola che funziona.

Agosto ovviamente in questo caso è un caso. Tutti gli anni ai gestori di domini e siti variamente a pagamento arrivano letterine che sollecitano a scegliere tra il rinnovo e l’abbandono, e anch’io nei prossimi mesi, in tempi di spending review telematica, probabilmente lascerò cadere qualcosa delle troppe pagine che, a tentoni, nel tempo, ho sparso in giro nella rete.
Gianni Marconato
Gianni Marconato, che aveva dato il via alla Scuola che funziona nell’ormai lontano 2008, qualche giorno fa ha dato l’annuncio dello stop alle attività dalle pagine di facebook e dal propriospazio web.

Rimane per il momento la pagina fb La scuola che si racconta, dove si ritrova il vecchio logo e la continuità di un’esperienza certo da tempo molto meno intensa, mentre nel dominio .it, che pure resta, viene annunciato per il futuro un blog.



Non sto qui a raccontare una storia che tutti possono leggere ottimamente sintetizzatada Gianni.

Devo però dire che, per me personalmente, in un panorama in questi anni recenti tanto vasto quanto spesso desolante di iniziative che cercano di svilupparsi in rete e che alla fine non fanno altro che ribadire una diffusa incapacità, oltre i discorsi, le opinioni, spesso le chiacchiere, di incidere sulla realtà, la Scuola che Funziona ha rappresentato qualcosa di diverso.

Cioè, io nella scuola ci lavoro spesso, ma non sono un insegnante, e in più di un’occasione, di fronte ai problemi enormi che la scuola italiana in questi anni deve affrontare e che trovano i docenti così spesso non solo sfiduciati e impotenti, ma anche incapaci di uscire da certi circoli viziosi di ripicche e gelosie, sono contento di non esserci davvero dentro, nella scuola, e cerco di pensare più da lontano, appoggiandomi magari alle mie frequentazioni di artisti internazionali di teatro, cinema ed educazione, che per loro fortuna manco hanno mai sentito parlare della “buona scuola” di Renzi!

Andreas Formiconi
Ecco, la Scuola che Funziona era diversa: funzionava davvero!

E qui non concordo con Gianni quando lascia intendere che la gente “preferisce” i social network generalisti. Non è vero. Stanno dentro in quelli mugugnando, perché non c’è altro. Il problema è che quando l’altro c’è (e in questo caso c’era), superata la fase della sorpresa, dell’entusiasmo, che ci fa sentire tutti senza fatica bravi e belli, a un certo punto bisogna darsi una organizzazione di un livello superiore, perché se no lo slancio si esaurisce. E’ lo stesso problema della democrazia: nessuno te la regala e, anche se è una favola conquistarla, poi ci vuole un impegno duraturo, quotidiano, a volte perfino noioso, perché le forme di partecipazione continuino la loro efficacia nel tempo. Se non si rinnovano, non si reinventano periodicamente, appassiscono, o si deteriorano – come ben sappiamo - in stanche forme rappresentative che, senza un effettivo controllo di base, alla fine rappresentano solo se stesse e degenerano in caste.


La Scuola che Funziona a un certo punto non ha fatto il salto di qualità, oltre i gruppi che si facevano e mantenevano da solioltre il Manifesto (e Simona Martini, che ne realizzò la versione video, mi ha chiesto di ricordare Riccardo Rivarola, che la aiutò con i titoli e che ora non è più tra noi). Non è andata oltre il volontarismo che, per quanto encomiabile, non porta mai troppo lontano. Non è un demerito così grande, il discorso è molto complesso e prima o poi bisognerà riuscire ad affrontarlo, dato che è il problema fondamentale di tutti i movimenti spontanei. Ma a volte sembra che ci dimentichiamo che Facebook e Twitter non solo acchiappano perché sono ben fatti, ma sono società quotate in borsa! È impensabile poter proporre alternative reali lavorandoci soltanto nel tempo libero, quando ne abbiamo voglia, senza darsi una struttura e un metodo anche assolutamente diversi, ma adeguati. Quando, in altro ambito da quello educativo, qualcuno è riuscito a farlo, da un movimento senza scopo di lucro è nato Linux!

Elena Favaron
Della Scuola che Funziona, a parte il bellissimo Manifesto degli Insegnanti (da riprendere comunque, rilanciare!),  ricordo l’incontro plenario all’Arsenale di Venezia, nel 2010 (a cui si riferiscono le foto), attivo, propositivo, una delle non una riunione di insegnanti la cui nota dominante era l’ottimismodella volontà.

E poi lapubblicazione americana con la IGI Publishing, decisa alla fine a maggioranza, dopo che diversi dei più illustri animatori del movimento avevano espresso la volontà a un certo punto di fare un’altra cosa. Fu dibattito e confronto di opinioni vero, aperto, appassionato, dove lo strumento on line per una volta si dimostrò adeguato e soddisfacente per il gruppo di persone che scelsero di usarlo. Il ponderoso libro alla fine si fece (e io mi ritrovai con ilmio piccolo articolo a pagina 1, piccola iniezione di vanità personale che ogni tanto ci vuole!)



È stato bello e – come ha scritto anche Gianni – senza stare lì a rimpiangere quello che non è stato o non è più, La Scuola che Funziona è una ricchezza che tutti noi che vi abbiamo partecipato ci portiamo dentro, per il presente e per il futuro.


mercoledì 5 agosto 2015

Felini digitali



C'è un gattino ospite in casa, in questi giorni, che quando non cerca di arrampicarsi con le unghie sulle mie gambe, come ha fatto stamattina (e gli ho anche urlato dietro, ma mi ha fatto male!) è per molti versi simpaticissimo.
Dato che non sta fermo un momento ed è curioso di ogni cosa, ovviamente di più di quelle che si muovono, ho provato a proporgli uno di quei videogiochi che una nota casa di alimenti per animali he ideato per le nuove generazioni di felini che, cresciuti in familiarità con gli schermi, pare abbiano naturalmente sviluppato nuove competenze digitali.
L'altro gatto che bazzica abitualmente in casa, che non ha mai usato la sabbiolina e fa i suoi bisogni rigorosamente all'aperto, ma in compenso ama bere dal rubinetto, non è in effetti molto per i videogiochi. Probabilmente è un fatto generazionale. Se pensiamo che un anno di un gatto ne vale tanti dei nostri, praticamente lui è un felino del secolo scorso, quando i tablet non c'erano ancora.

Il gattino dunque, che per la cronaca si chiama Alpha (nome impegnativo, emblematico!) si interessa ai pesci del videogioco e toccandoli con la zampina scopre che li può mandare a fondo, con accompagnamento sonoro di bolle e sciacquio.
Ma c’è qualcosa che non lo convince e allora incomincia a rovistare ai bordi del tablet, cerca di sollevare la schermo, vuole vedere se i pesci sono nascosti lì sotto
Sveglio, il gattino!