sabato 21 marzo 2015

Potenza e pedanteria del pensiero digitale, 2

continua

La seconda parte di questo articolo, con il video dei bambini che giocano a programmare i computer, arriva nel blog con un molto ritardo sul previsto. C’erano altre cose da fare e una assillante presenza in rete non è necessariamente un fatto positivo, se non accompagnata da una effettiva consapevolezza di quello che si dice e si comunica.
Nel video si vede il professore mettere curiosità ai bambini e voglia di giocare con gli “automi” e i bambini stessi che, giocando e provando - così come imparano le cose i bambini - arrivano a capire come funziona la programmazione.
Discusso a più riprese in rete con un bravo professore, che nega che i bambini possano “programmare”. Certo, se uno ha in mente l'Assembly o il C++, la mente di una bambino non ci può arrivare. Ma dare a un computer le istruzioni  (testuali, righe di comando, non clic un po' a casaccio sulle icone) e correggerle fino a che la macchina non fa esattamente le cose che volevamo noi, che cos’è se non programmazione? Anche perché – e questa non è una cosa solo da bambini – si tratta comunque di applicare la giusta sintassi, e guai a sbagliare cose anche banalissime: la programmazione digitale è bellissima, ma estremamente pedante, anche quando si tratta del linguaggio Logo!
«Perché non andava?»
«Non abbiamo messo i due punti dopo “raggio”»

NOTA "DI SERVIZIO": A QUANTO PARE. GOOGLE, CON I SUOI CRITERI DI RICERCA, NON RIESCE A VEDERE IL VIDEO E A INSERIRMELO QUI (A CHE COSA SERVONO ALLORA IL CODICI DI CONDIVISIONE DI YOUTUBE, SE POI NON SI POSSONO USARE?).
NON RIMANE CHE COPIARE IL LINK, COSI', CHI VUOLE, SI GUARDA IL VIDEO DIRETTAMENTE NEL SUO CANALE:

https://youtu.be/634juQ-yC_4

I bambini hanno imparato dunque che il pensiero digitale non è andare per tentativi su un telefonino o su un tablet. Digitale è sinonimo di discreto (0, 1; sì, no), in contrapposizione ad analogico, che è sinonimo di continuo (tanto, poco; più, meno). Digitale è un ordine del pensiero, non migliore del nostro pensiero solito, ma semplicemente diverso, perché le macchine di oggi pensano così.
E quelle di domani? Beh, probabilmente questo è un altro discorso e per i bambini – che hanno meno fantasia degli adulti dotati di fantasia ma, a differenza della grande maggioranza degli “altri” adulti, non hanno perso il piacere e la capacità di usarla, la fantasia!  – forse non è neanche tanto difficile immaginare “futuri” diversi. E magari capire – il pensiero emotivo dei bambini, per intuizione, sa arrivare lontano! - che tanto, tantissimo, dipende da come noi tutti, oggi, viviamo con consapevolezza o meno il nostro presente.

giovedì 19 marzo 2015

Preferisco pubblicare foto di fiori

Riprendo a pubblicare in questo blog, dopo un lungo silenzio.
Non so se si possa ancora dire, come si usava un tempo, che il silenzio è d’oro. Certo credo sia più dignitoso che non riempire la rete di tweet quando magari non si ha niente da dire, o peggio si riescono solo a scrivere sciocchezze e banalità.
Momento, tanto per cambiare, difficile per la scuola italiana (buona, non buona, chi lo sa?), ma finalmente, oltre alle solite manovre dall’alto e alle frasi fatte, nell’uno o nell’altro senso, qualche discorso trasversale e non scontato sembra incominci a circolare, e forse anche una nuova consapevolezza che, nella scuola come in generale nella vita e nella società, senza la partecipazione diretta e la capacità di mettersi in gioco da parte di ognuno di noi, è abbastanza inutile poi parlare del presente e del futuro, e lamentarsi delle cose che non vanno, come se noi non ne avessimo per definizione alcuna responsabilità.

Sto anche cercando di costruire qualcosa che credo importante, per il lavoro di un gruppo di persone (che si potrebbe però allargare all’infinito!) e per uno spazio in rete che possa funzionare davvero come luogo di condivisione e di scambio, e non solo come incrocio spesso frustrante di individualità (o gruppi sostanzialmente chiusi) tra loro incomunicanti. Difficilissimo! Sembra che abbiamo interiorizzato dentro ognuno di noi un individualismo profondo e distruttivo, una diffidenza congenita verso il prossimo che ci impedisce di esprimere la forza enorme che potremmo avere se solo sapessimo fare anche poche cose insieme, e ci lascia nudi e indifesi in balia dei padroni del mondo, degli squali della finanza, dei monopoli globali dell’informazione e dell’alimentazione.

Sono uscito un paio di volte nei giorni scorsi sulla collina vicino a casa, su per una valle ancora brulla, e ho fotografato i fiori: gli ultimi bucaneve, e poi viole, primule, pervinche, anemoni, denti di cane. In realtà, so molto poco di fiori e in alcuni casi ho dovuto aiutarmi, per sapere il nome, con i libri ed il web. Poi ho pubblicato un po’ di immagini, quelle riuscite meglio.

Piccola cosa, saper riconoscere intorno “per nome” piante e animali. E però – l’ho imparato dai bambini, ma vale anche per noi, adulti o addirittura vetusti – sono cose che un pochino ci aiutano a sentirci meno fuori posto, in questo mondo. E con naturalezza si possono condividere con altri umani al fuori di una logica di perenne, spesso insensata competizione!