Come sto facendo in questi
giorni anche sull’altro blog “Tool
Stumenti”, riprendo qui un articolo che avevo pubblicato originariamente sul
mio blog
estinto “Bambini Oggi”, il 10 aprile 2010.
Era sul maestro Marcello
Sala e sulla sua arte di non
insegnare, basata sulla capacità dei
bambini di auto organizzarsi confrontando parole e pensieri, in particolare
riguardo agli argomenti scientifici.
Tra le sue pagine web,
ricche di spunti e materiali, interessante è "L'ascolto",
dedicata alle conversazioni in classe.
Oltre a trascrivere con la giusta rilevanza le parole dei bambini, inserisce
note utili non solo per capire certe particolarità della cultura infantile, ma soprattutto per definire quale può essere, in
un contesto educativo non trasmissivo,
il ruolo del maestro. Che è poi una della ragioni fondamentali - credo -
per cui si continua a fare scuola in modo tradizionale, nonostante sia evidente
che in un contesto collaborativo i bambini imparano molto di più: l'adulto, non più insegnante, ha paura di
sparire!
Arianna: E' il vento che ci fa respirare [Subito vengono messe in relazione le due esperienze percettive relative all'aria]
Ins: Cioè?
Mauro: Boh?
Arianna: Per me è una cosa che ci fa crescere e respirare
Carolina: Sono le nuvole che soffiano. [Il movimento delle nuvole è ciò che rende visibile il vento. La relazione appare invertita nel linguaggio "infantile" (le virgolette si riferiscono agli stereotipi del linguaggio "animistico" con cui ci si rivolge ai bambini).]
Manuel: A me mi sembra che l'aria ci fa un po' di vento quando siamo sudati [Dall'esperienza all'osservazione (precisione, selezione di pertinenza).]
Vale la pena di andare a leggere anche il seguito, e in particolare le note tra le parentesi quadre, in cui l'adulto, rispetto al pensiero infantile, più che interpretarlo e giudicarlo, cerca di capirlo, di vederne le particolarità e la logica, in modo da poter assegnare il giusto significato a parole ed espressioni, quando ha a che fare con i bambini. Un esempio interessante, in particolare per tutti quelli che lamentano difficoltà di comunicazione con le giovanissime generazioni.
Post scriptum, dalla mia esperienza in una scuola dell’infanzia di Padova l’anno scorso, 2014, e in particolare dal video, pubblicato in DVD con ARPAV Veneto, in cui chiedevo ai bambini a cosa serve l’aria?
Una bambina, con un sorriso bellissimo, risponde: «Per farci vivere, per farci respirare e – coro di altra bambina – per farci stare bene!»
Poi il discorso cade sui modi di dire, e i bambini allora si divertono a giocarli alla lettera, camminando con il naso all’aria, sdraiandosi per terra pancia all’aria. Poi, che cosa significa “fare discorsi campati in aria?”
“Vuol dire che una persona chiede all’altro una cosa e poi l’altro risponde una cosa che non c’entra niente!”