sabato 13 gennaio 2018

Giocooperiamo!

Giocooperiamo il titolo di una percorso Coop di educazione al consumo nelle scuole, ed è diventato anche il titolo del piccolo documentario, quasi interamente girato dai ragazzi, con cui lo svolgimento di questo percorso è stato raccontato in una primaria e una media di Brescia.
Io sono arrivato lì solo alla fine, un paio d'ore per classe, portando una videocamera, con cavalletto, microfono direzionale e cuffie. Ho dato gli strumenti in mano a bambini e ho detto semplicemente "fate!".
Non serve un "corso", con gli strumenti di oggi, per ottenere riprese subito "perfette". Non ne hanno bisogno più di tanto le generazioni – i bambini come gli adulti – cresciute guardando la televisione. Basta che ognuno richiami alla mente l'immensa cultura audiovisiva latente che tutti abbiamo e non si cerchi di fare le cose che ancora non sappiamo fare. Se non si è sicuri di muovere bene la videocamera, basta tenerla ferma.
Poi, dopo qualche panoramica ben fatta con un cavalletto dalla testa fluida, si capisce come funziona e si faranno bene le cose anche a mano. Riprese brevi però, mi raccomando, con un inizio e una fine, staccare! E alla prossima inquadratura cambiare il punto di vista. Queste cose i bambini lo capiscono subito, non perché siano "nativi digitali" o pinzillacchere del genere, ma semplicemente perché sono bambini e la convinzione nefasta di "non essere capaci" non prevale ancora sulla curiosità di provare, come invece accade a molti adulti, per fortuna non tutti!
Alcuni insegnanti, che magari fino al giorno prima pensavano che "fare un film" fosse una cosa solo per professionisti, si accorgono che in realtà, almeno per quanto riguarda le riprese, può essere invece molto facile: osservano i propri alunni all'opera e semplicemente colgono l'evidenza dei fatti, credono ai proprio occhi, invece che solo a quello che si racconta in giro e a forza di sentirlo ripetere crediamo che sia la verità
I bambini poi, se gli dai la responsabilità di fare un film "vero" – per questo una videocamera e un cavalletto servono, almeno all'inizio, perché con il telefonino non sembra una cosa seria! (anche se poi cambia anche il modo in cui usano il telefonino, altro che se cambia!) – ci mettono un impegno e una serietà incredibili. Non per un voto, non per un premio, ma perché gli interessa e soprattutto perché vedono che quello che fanno interessa anche agli adulti che sono lì con loro. La formuletta magica che con nulla eliminerebbe la metà dei problemi della scuola, ma probabilmente sarebbe troppo facile e comunque è un altro discorso.


Il video Giocooperiamo, insieme con altri girati allo stesso modo dai ragazzi, sono un po' il punto di partenza per di un progetto internazionale che stiamo lanciando, e di cui presto racconteremo meglio, qui è altrove. Riprese di bambini, con anche più telecamere o altri dispositivi e, quando sia possibile, anche un po' di taglia e incolla, titoli, suoni e musiche, qualche effetto speciale. Salvo casi eccezionali però, l'edizione finale rimane affidata ad adulti, perché il montaggio vero è una cosa difficile, che si impara soprattutto con l'esperienza, ed è importante che il prodotto sia di qualità. La troppa facilità dei mezzi non deve diventare un alibi – come purtroppo molto spesso succede - per riempire il web di cose orrende che deprimono il livello globale dell'informazione nel pianeta, ma piuttosto l'occasione per impegnarsi anche nel nostro piccolo – che ormai, nell'era dei social media, così piccolo non è detto che sia! - a fare le cose per bene, collaborando ragazzi ed adulti, che tutti hanno da guadagnarci.
Perché anche questo succede, che il professionista anche bravo rischia di imparare un sacco di cose. Pescando nella propria comunque vastissima esperienza di telespettatori e giocando come sanno, ho visto bambini e ragazzi preadolescenti – stiamo parlando di scuola dell'obbligo – trovare a volte tagli di inquadratura e perfino effetti di montaggio molto originali e espressivi, che a un adulto non verrebbero in mente mai. Questo non significa affatto che “ne sappiano più di noi”, ma che il modo con cui un bambino si accosta alla tecnologia, così come a un gioco di costruzioni o alla bolle di sapone, è naturalmente e semplicemente diverso da quello dei suoi insegnanti, genitori o nonni.

mercoledì 10 gennaio 2018

I bambini, le immagini, la consapevolezza e la paura

Non so cosa sia successo in questi ultimi giorni, probabilmente qualcosa di brutto connesso alla pubblicazione incauta di fotografie di bambini in rete. Magari andrò a vedere, ma non smetterei di considerare miopi e controproducenti le argomentazioni con cui alcune maestre su facebook affermano - se non ho capito male, e comunque sono discorsi che spesso si sentono - che mai si dovrebbero pubblicare immagini di bambini da dentro la scuola e che le colleghe che lo fanno, "liberatorie" o no, sono delle incoscienti, e cose del genere. Allibisco e, francamente, ho paura!
Nel mondo i pericoli sono ovunque, per tutti. Ma nessuno si sogna di dire che va abolita la circolazione stradale perché un bambino è andato sotto una macchina, né ci sono crociate contro le settimane bianche, perché dei "minori" sono finiti sepolti da una valanga. Si insegna ai bambini e agli adulti che ne hanno responsabilità il modo corretto di attraversare la strada, così come le regole di comportamento in montagna, e si accetta in definitiva, come società nel suo complesso, che in certi casi la prudenza e l'insegnamento possano non bastare, perché qualcuno sbaglia, o succedono cose che per una ragione o l'altra sfuggono al controllo. Conseguenze non sempre positive del mondo fisico, mentale, naturale e sociale in cui viviamo.

Perché allora questo accanimento proprio contro le immagini, come se da lì venisse il pericolo più grande per nostri piccoli? Che è tanto più curioso tra l'altro, in tempi in cui le telecamere di sorveglianza sono ovunque e addirittura qualcuno propone di metterle in tutte le aule scolastiche, dopo i noti casi di maltrattamenti di bambini da parte di alcune maestre.
Viviamo in una "società dell'immagine" in cui proprio la scuola, che in certi casi pretende di "difendere" i propri alunni rendendoli invisibili (divieto assoluto di fotografare, filmare, ritrarre a matita o a carboncino, perché chissà cosa potrebbe succedere!), ha la grossa, enorme responsabilità di non avere educato intere generazioni al consumo, gestione, produzione dell'immagine, che da decenni è l'alfabeto universale del pianeta. Per cui moltissimi tra quelli che ogni giorno inondano i social network con miliardi di fotografie e di video, protagonisti analfabeti della società dell'informazione, lo fanno con lo stesso atteggiamento inconsapevole e naif di chi negli anni Settanta mostrava rullini da 36 pose o filmini super 8 ad amici e parenti, improvvisando, senza avere ricevuto nemmeno un minimo delle basi culturali necessarie. Perché tutti invece oggi siamo produttori di informazione, di fronte virtualmente al mondo intero, e la trasciniamo ai livelli più bassi, l'informazione, girando video sistematicamente verticali, non accorgendoci quando sono trasmessi nel formato sbagliato, pubblicando su youtube anche porcherie immonde (qualitativamente parlando) senza prima non solo averle montate, ma spesso nemmeno guardate!
E che tutto questo non c'entri niente con l'imbarbarimento generale nella politica e nella cultura, con il "potere" sempre più in mano agli analfabeti, andate a raccontarlo a qualcun altro. In questo cresciamo e viviamo, e questo alla fine produciamo!

Un video in cui i bambini sono protagonisti, ma non si vedono!
La mia idea è che non di nascondere i nostri bambini avremmo bisogno, ma viceversa proprio di vedere e conoscere molto di più, come opinione pubblica, le loro facce vere, i loro sorrisi, le loro emozioni autentiche, la loro capacità magari di proporre alternative al mondo falso e ipocrita a cui ci stiamo tristemente assuefacendo, oltre gli stereotipi avvilenti tipo “nativi digitali” e la ben più triste realtà di cuccioli di consumatori che crescono soli in un contesto asociale di incertezza e paura, di fuga sistematica, spesso attraverso un irrigidimento burocratico improvvisato e ottuso, dalle responsabilità vere, senza più sistemi di valori, e dove anche la tanto decantata “tecnologia”, invece di cambiarci la vita, è per i più soltanto un insieme senza senso di oggetti di consumo sconnessi e scollegati tra di loro (i video che si girano con i telefonini non si guardano nel televisore!), da esibire senza bisogno capire. Mentre ci roviniamo la vita costruendoci paure su problemi che magari esistono, ma che presi ognuno fuori da un contesto globale, diventano incubi e paranoie devastanti: gli immigrati, i pedofili, l'euro!
Così succede che i ragazzi fino a 14 anni devono per legge essere accompagnati e “ritirati” da scuola, e a 14 anni e un giorno gli si compra la scooter! E in quanto “minori” vengono rigorosamente ritenuti da “proteggere” dalle loro immagini, salvo poi scoprire con sconcerto che tra gli adolescenti non pochi fotografano, filmano e diffondono in rete foto e video di se stessi nudi o addirittura mentre fanno sesso.
Come i ragazzi sono e sanno non può essere sempre raccontato da altri
Posto che nessuno ha una ricetta valida per tutto, io personalmente credo che vada incoraggiato l'uso consapevole dei mezzi audiovisivi da parte dei bambini e dei ragazzi in prima persona, anche nella scuola, senza diffondere immagini di se stessi allegramente sempre e ovunque, ma imparando a capire, facendolo, come si producono le immagini e che senso ha pubblicarle, sapendo che ci sono pericoli nella rete così come ci sono nella città reale e nella strada, e intanto però partecipando da protagonisti veri alla società dell'informazione, con una presenza viva che può fare solo bene, oltre il fatto di essere considerati “minori” che non avrebbero comunque nulla di significativo da dire, e oltre le paranoie di adulti che ancora si illudono che i pericoli si possano evitare costruendoci attorno dei “muri”.