martedì 19 aprile 2016

The flipped generations: l'età capovolta!


Premessa: questo è un articolo “induttivo”. Non si sentenzia di verità cosmiche, ma si buttano lì motivi di riflessione, basati però sull'osservazione di cose che effettivamente si possono osservare nella realtà. Per quelli che – magari ce n'è ancora - non si accontentano dei luoghi comuni che stanno asciugando il mondo!

I 30enni e 40enni di oggi spesso sono vecchi. Hanno appreso la loro “gioventù” dalla televisione, e alcuni (non facciamo nomi, ma ce n'è di importanti!) si comportano oggi come in Happy Days! Fanno finta di intendersi di tecnologia, usano espressioni come “2.0” come se sapessero che cosa vuol dire, e l'orizzonte culturale, politico ed economico in cui si muovono è quello perdente e disastroso degli anni Ottanta, il liberismo, la competizione, la personalizzazione della politica. Sono gli alfieri di una nuova burocrazia che quando gli umani sono messi a disagio dalla robotizzazione a vanvera della società, la spiegazione è che quello è il prezzo da pagare, perché così comunque sarà il “futuro”.
Bacheca alla fiera del libro per ragazzi, Bologna 2016

I 20enni, cresciuti da una scuola di identità sempre più incerta e da una società immobile con il mito del cambiamento, che sembra aver definitivamente identificato la rivoluzione digitale con il possesso (non l'uso consapevole, per carità, non esageriamo!) dell'ultimo modello di telefonino e il cazzeggio in circoli chiusi e oziosi che stanno soppiantando quella che una volta era la rete, sono se possibile ancora più vecchi. Spesso, non conoscono altro "lavoro" se non quello che può arrivare dall'agenzia interinale, due mesi in un magazzino o in un call center e poi chissà. Non hanno speranza o desiderio di cambiare il mondo e, realisti e pragmatici più dei loro nonni, sono per lo più alla ricerca di una nicchia di sopravvivenza.
 
Non è i che i 50, 60 e 70enni siano messi oggi molto meglio, visto che poi il disastro di mondo in cui viviamo lo hanno costruito loro. Ma, se per la maggior parte hanno rinnegato i sogni di gioventù, molti quando erano giovani alcune cose le hanno fatte, e non cose da nulla! Il 68, la musica rock, il personal computer, il web!

Oggi si scopre che per esempio nella scuola, spesso i più innovatori sono gli over 45! C'è da stupirsi? Sono quelli che hanno la cultura del prima e del dopo, quelli che sanno che, dietro ai gadget digitali, c'è una storia, quelli che magari si ricordano che a volte le idee contano più delle istruzioni per l'uso o delle procedure apprese a memoria nella scuola dei quiz.
E rimbalza in questi giorni in rete, anche se non è una cosa nuovissima, il post in cui si racconta di come è cambiato il lavoro alla Virgin, per iniziativa di una ragazzo di più di sessant'anni. Ha ripreso alcune idee della cosiddetta etica hacker, quando si pensava che lo sviluppo tecnologico potesse favorire il superamento della vecchia morale capitalistica, basata sul denaro, la competizione, il finto libero mercato...
 
Siamo ancora ancorati alla vecchia idea che per immaginare il futuro bisogna essere giovani. Ma forse è successo che il troppo sognare e poi il troppo tradire quegli stessi sogni fatto sistema, ha rovesciato, insieme con l'equilibrio ecologico del pianeta, anche il gioco antico delle generazioni.
Che il nuovo slogan per eventualmente cambiare il mondo sia "largo all'esperienza"? Flipped generations!

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